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Guida all’azione ex art. 2932 c.c. a seguito di preliminare non adempiuto

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Guida all’azione ex art. 2932 cc a seguito di preliminare non adempiuto: normativa, presupposti, trascrizione della domanda giudiziale e sentenza ex art 2932 cc

 

 

 INDICE

 

  • Premessa
  • Normativa
  • L’inadempimento dell’obbligo di concludere un contratto
  • presupposti della sentenza ex art. 2932 cc
  • La prestazione
  • La sentenza ex art. 2932 c.c.
  • La trascrizione della domanda giudiziale

 

 

 

Premessa

 

Prima di acquistare il diritto di proprietà di un immobile è prassi sottoscrivere un contratto preliminare di compravendita. Con il preliminare di compravendita, le parti si impegnano reciprocamente e fissano le condizioni della futura vendita stabilendo, ad esempio, il prezzo e la modalità di pagamento della stessa, l’oggetto e le relative pertinenze ed un termine entro il quale sottoscrivere il contratto definitivo di compravendita. In buona sostanza, il contratto preliminare ha una funzione “prenotativa” del diritto in esso dedotto e a questo succede, di solito, il contratto definitivo.

Può, però, accadere che il contratto preliminare non venga adempiuto da una delle parti che, per una ragione o per l’altra, si rifiuti di prestare il proprio consenso alla redazione del contratto definitivo.

Considerata l’impossibilità di costringere forzosamente qualcuno a prestare il proprio consenso, il nostro ordinamento pone a disposizione della parte che ha interesse alla stipula del contratto definitivo una particolare azione definita esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre.

Tale azione consente alla parte di ottenere una sentenza che produce i medesimi effetti del contratto definitivo non concluso.  Motivo per il quale, successivamente alla sua pubblicazione, il promissario acquirente diventerà proprietario, ad ogni effetto di legge, dell’immobile oggetto del contratto preliminare non adempiuto nonostante la contraria volontà dell’altro contraente.

Oggetto dell’azione sarà, in particolare, un obbligo di facere consistente, in questo caso, nel trasferimento dell’immobile. Proprio il carattere personale e non patrimoniale della domanda (essendo suo primario oggetto il consenso e non l’immobile) fa si che la stessa possa essere proposta senza previamente promuovere la mediazione ex d.lgs. 28 del 2010 malgrado possa sembrare che l’azione riguardi la proprietà di un immobile e, come tale, rientrante nelle materie della cd. mediazione obbligatoria.

Normativa

 

Per comprendere la fisionomia dell’azione in esame occorre partire dal dato normativo e, precisamente, dall’art. 2932 c.c. a mente del quale:

 “Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.

Se si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere accolta, se la parte che l’ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge   a meno che la prestazione non sia ancora esigibile”.

Dall’analisi della norma si deduce che requisiti della norma sono l’obbligo inadempiuto di concludere un contratto, la possibilità del trasferimento, la mancata esclusione dal titolo.

Inoltre, qualora il contratto abbia ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata (ad esempio la vendita del diritto di proprietà di un immobile) o la costituzione o il trasferimento di altro diritto, per l’accoglimento della domanda occorrerà che la parte che l’ha proposta abbia eseguito la sua prestazione (il pagamento del prezzo pattuito) o che ne abbia fatto offerta nei modi di legge (invito formale ad eseguire il pagamento/invito formale alla redazione del definitivo), a meno che la prestazione non sia ancora esigibile (perché, ad esempio, era stato pattuito che il prezzo dovesse essere pagato successivamente alla redazione del contratto definitivo, evento non ancora verificatosi).

I diversi ed articolati presupposti per esperire l’azione ex art. 2932 c.c. rendono necessario comprendere in che misura gli stessi devono ritenersi soddisfatti.

L’inadempimento dell’obbligo di concludere un contratto

Venendo al primo presupposto dall’azione esso consiste nell’inadempimento dell’obbligo di concludere un contratto. Sebbene l’obbligo di concludere il contratto non nasca unicamente da un precedente preliminare è nostra intenzione soffermarci su quest’ultimo tema e, in particolare, sull’inadempimento del contratto preliminare di compravendita immobiliare. Non si ignora, ad ogni modo, che l’art. 2932 c.c. discorrendo di titolo nel primo comma e di contratto nel secondo fa ben comprendere che la tutela specifica non si esaurisce nell’alveo dei secondi ma potrà ben comprendere titoli diversi da quelli contrattuale come la promessa unilaterale o l’accordo dei coniugi di trasferimento di un diritto reale di godimento non adempiuto. Secondo la giurisprudenza, inoltre, l’azione sarà esperibile anche per l’ottenimento della cosa locata nel caso di preliminare di locazione (Cass. Civ. 1708 del 2000).

Parti del contratto preliminare di compravendita sono il promissario acquirente ed il promittente venditore, rispettivamente chi promette di acquistare e chi promette di vendere.

Or bene, il contratto preliminare di compravendita potrà essere redatto sia per atto pubblico che per scrittura privata e, indifferentemente dalla forma utilizzata, sia nell’uno che nell’altro caso potrà essere esperita l’azione ex art. 2932 c.c.

Ciò che piuttosto rileva, tornando al presupposto in esame, è che una delle parti sia inadempiente.

Inadempimento nel senso che, sebbene abbia promesso nel precedente contratto di concludere il contratto definitivo, non o abbia poi prestato il consenso a concluderlo.

Per ovvie ragioni, per esserci inadempimento di una delle parti non occorre unicamente che una di esse non abbia concluso il contratto definitivo sebbene promesso, ma anche che il termine entro cui concludere l’atto sia scaduto e che nessun altro evento giustifichi l’inadempimento (circa il termine si fa presente che, secondo parte della giurisprudenza, può verificarsi anche un inadempimento “anticipato” ove vi siano comportamenti che rendano impossibile la prosecuzione del rapporto- cfr. 23823/2012 Cass. Civ.)

Qualora il termine non sia stato pattuito dalle parti sarà il Giudice a poterne fissare uno, essendo implicito nella domanda ex art. 2932 c.c. relativa ad un preliminare non adempiuto la rispettiva richiesta (Cass. Civ. 2212 del 2006)

Tornando all’inadempimento, Si pensi, ad esempio, all’acquirente che non versi il prezzo malgrado lo stesso sia la condizione per la conclusione del contratto definitivo, costui non potrà, poi, un giorno lamentarsi del rifiuto del venditore. Oppure al promittente venditore che non ristrutturi l’appartamento come invece previsto dal contratto preliminare.

Insomma, l’inadempimento richiesto dall’art. 2932 c.c. richiede un’analisi completa del rapporto tra le parti che tenga conto dei reciproci comportamenti.

Poniamo l’esempio di un promissario acquirente che si rifiuti di sottoscrivere il contratto definitivo in quanto vi è il pericolo che, una volta acquistato l’immobile, lo stesso venga rivendicato da altri.

In questo caso, sebbene il venditore abbia rispettato tutte le condizioni del contratto preliminare sottoscritto, ciò non toglie che l’inadempimento del promissario acquirente risulti giustificato, ad esempio, nel caso in cui venga trascritta una domanda giudiziale tesa a dimostrare l’usucapione dell’immobile in oggetto (si veda art. 1482 c.c. oppure Cass. Civ. 31314 del 2019 “nel preliminare di compravendita, in applicazione dell’art. 1481 c.c., il promissario acquirente può rifiutarsi di addivenire alla stipula del definitivo qualora sussista un pericolo concreto e attuale di evizione del bene promesso, anche se tale pericolo non sia determinato da colpa del promittente venditore”).

 

Tanto premesso circa la complessa indagine sull’inadempimento del contraente, possiamo ora elencare i successivi requisiti per l’azione in esame.

 

 

Presupposti della sentenza ex art. 2932 cc

 

 

L’articolo 2932 c.c., al primo comma,  continua elencando altri due presupposti principali: la possibilità e la mancata esclusione.

L’inciso “qualora sia possibile….dal titolo” fa comprendere che il requisito in oggetto ha riguardo al contratto preliminare inadempiuto.

In buona sostanza viene richiesto che il contratto preliminare inadempiuto sia di possibile esecuzione per non essere, ad esempio, crollato il bene immobile oggetto dello stesso (possibilità materiale) e che lo stesso contratto abbia i requisiti per formare e sostituire il contratto definitivo (possibilità giuridica).

Si pensi al caso in cui il preliminare inadempiuto riguardi un immobile dichiarato totalmente abusivo, oppure mai venuto in esistenza, oppure  non contenga l’identificazione corretta dell’immobile o delle altre condizioni necessarie per rendere possibile, sulla sua falsariga, la costruzione dell’atto definitivo.

Così, ad esempio, è stata respinta la domanda ex art. 2932 cod. civ. avente ad oggetto un lotto di terreno del quale era stata indicata la superficie complessiva genericamente descritta come parte di un mappale, ma non la sagoma e l’esatta collocazione dell’area (vedi Cass. n. 952/2013).

 Oppure al permesso a costruire o al permesso in sanatoria, la cui mancanza è condizione ostativa, al pari della vendita, anche della domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.

Il requisito, dunque, si traduce nella possibilità che da un lato dal preliminare non adempiuto si possa, effettivamente, giungere ad una sentenza traslativa validamente sostitutiva di un atto negoziale valido (ad esempio: senza un regolare permesso a costruire l’atto negoziale cui dovrebbe sostituirsi la sentenza sarebbe invalido per cui la sentenza stessa non è possibile) precisamente individuabile ai fini della trascrizione (dati catastali) e dall’altro che la stessa res (l’immobile) possa essere oggetto di trasferimento (si pensi al caso in cui l’immobile sia stato trasferito prima dell’introduzione della domanda).

 

 Venendo all’inciso “qualora non sia escluso dal titolo” la norma fa riferimento ad una possibile previsione del contratto preliminare. Infatti, le parti possono inserire all’interno del contratto preliminare una clausola con la quale rinunciano, nel caso di inadempimento dell’una o dell’altra, all’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.

 

 

La prestazione

 

 

Lasciando ad un secondo momento la trattazione della sentenza frutto dell’azione  ex art. 2932 c.c.,  è opportuno soffermarsi sul secondo comma dell’articolo in esame.

Se, infatti, il contratto preliminare ha ad oggetto il trasferimento del diritto di proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda ex art. 2932 c.c. si arricchisce di nuovi presupposti.

In aggiunta a quanto già riportato, viene richiesto, ai fini dell’accoglimento della domanda, che la parte istante abbia eseguito la sua prestazione o che ne abbia fatto offerta a meno che la sua prestazione non sia ancora esigibile.

 

Per comprenderci, ove il promissario acquirente chieda al giudice di operare il trasferimento dell’immobile, oggetto del preliminare non adempiuto, è necessario che lo stesso abbia pagato quanto richiesto dal venditore o che ne abbia fatto offerta. È chiaro, infatti, che qualora l’acquirente non abbia versato ancora il prezzo della vendita, il rifiuto del venditore potrebbe essere quantomeno giustificato.

Per questo motivo, il secondo comma richiede, per l’accoglimento della domanda, che la prestazione, a carico dell’istante, sia stata eseguita o che sia stata, quantomeno, offerta (cd. offerta formale di cui all’art. 1208 c.c.). Offerta che, secondo la più recente giurisprudenza, può essere contenuta anche nell’atto di citazione della domanda giudiziale (Cass. Civ. 9314 del 2017).

L’offerta della prestazione da parte del contraente che abbia proposto la domanda ex art. 2932 cod. civ. costituisce una condizione dell’azione ed è quindi sufficiente che sussista al momento della decisione e può essere validamente fatta nel corso del giudizio di primo grado (vedi Cass. 17717/2011) ed anche nel giudizio di appello (vedi Cass. n. 7352/1996).

 

Quanto detto vale sempre che la prestazione sia esigibile.

Nel caso in cui, ad esempio, le parti abbiano stabilito che la parte residua del prezzo venisse versata solo successivamente al rogito, mai avvenuto, è chiaro che la prestazione non sia divenuta ancora esigibile.

 

Quest’ultimo caso elencato, molto frequente, ha destato moltissimi dubbi e perplessità avuto riguardo all’effetto della sentenza resa all’esito della domanda e, in particolare, relativamente all’esecutività di solo alcuni capi di essa. Come si avrà modo di approfondire e chiarire, considerato che la sentenza ex art. 2932 c.c. produce l’effetto traslativo solo dal momento del passaggio in giudicato e non prima, ci si interrogava se il capo della pronuncia relativo al versamento del prezzo seguisse la medesima sorte o dovesse invece ritenersi pianamente efficace già con l’esecutività della sentenza di primo grado.

 

 

La sentenza ex art. 2932 c.c.

 

Arriviamo così ad una pronuncia che, preso atto dell’inadempimento dell’altro contraente, della possibilità e mancata esclusione dal titolo e, non in ultimo, degli ulteriori requisiti indicati dal comma secondo, attribuisca la proprietà dell’immobile al contraente istante.

La sentenza avrà natura costitutiva nel senso che il provvedimento del giudice sostituirà il consenso dell’altra parte, determinando il trasferimento del diritto di proprietà dell’immobile all’istante.

Inoltre, essa, come si accennava, dovrà rifarsi integralmente al contratto non adempiuto non potendone mutare i contenuti né potendone variare l’assetto di interessi (Cass. Civ.3486/90 e 7907/90- 937 del 2010)

Tale sentenza sarà ordinariamente appellabile e ricorribile per cassazione e, per tale motivo, potrà essere oggetto di riforma in un senso e nell’altro.

Per evitare che il bene diventi, di volta in volta, di proprietà di uno dei contendenti secondo il risultato del grado di giudizio, per consolidata giurisprudenza, l’effetto traslativo si verificherà solo con il passaggio in giudicato della sentenza che metterà un punto fermo, definitivo, alla vicenda.   Più nel dettaglio, il promissario acquirente per ottenere la proprietà dell’immobile dovrà attendere che la sentenza a lui favorevole diventi non più impugnabile. Solo in questo momento si verrà a creare una situazione di certezza giuridica (il cd. giudicato) che consentirà il trasferimento di proprietà dell’immobile oggetto della contesa (Cass. Civ. 2864 del 2003).

Preso atto del fatto che il trasferimento avverrà solo con il giudicato, occorre comprendere cosa succeda all’eventuale condanna al pagamento della parte residua del prezzo.

Spieghiamo meglio: poniamo il caso in cui Tizio, promissario acquirente, chieda al giudice di ottenere il diritto di proprietà di un immobile, della società costruttrice Alfa, per non aver quest’ultima onorato l’impegno assunto con un precedente preliminare di compravendita.

Or bene, il giudice, considerato che Tizio ha versato solo l’80 percento del totale, essendo pattuito che la restante parte (il 20 percento) sarebbe stata versata al momento della redazione del contratto definitivo, pronuncia il trasferimento della proprietà in capo a quest’ultimo e lo condanna a versare il 20 percento residuo del prezzo alla società Alfa.

Solitamente ogni capo della sentenza è provvisoriamente esecutivo, nel senso che le singole parti che compongono il provvedimento del giudice hanno forza di legge tra le parti dal momento della pubblicazione della sentenza.

Applicando, però, questo ragionamento all’azione 2932 c.c. si otterrebbe uno strano risultato: Tizio dovrebbe pagare la parte residua del prezzo in conseguenza della sentenza di 1° grado nonostante la proprietà del bene gli verrà conferita unicamente con il passaggio in giudicato della sentenza e, quindi, molto dopo il pagamento del prezzo residuo.

Il dilemma, così composto, è stato risolto dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la pronuncia n. 2087 del 2010 secondo le quali “ Nelle sentenze rese ai sensi dell’art. 2932 codice civile in tema di contratto preliminare di compravendita, non è possibile operare la scissione tra capi costitutivi principali e capi condannatori consequenziali, specialmente con riferimento ai quei capi cd. sinallagmatici, le cui statuizioni fanno parte integrante della pronuncia costitutiva nel suo complesso. Pertanto, la possibilità di anticipare l’esecuzione delle statuizioni condannatorie contenute nella sentenza costitutiva va riconosciuta in concreto volta per volta a seconda del tipo di rapporto tra l’effetto accessivo condannatorio da anticipare e l’effetto costitutivo producibile solo con il passaggio in giudicato. A tal fine occorre differenziare le statuizioni condannatorie meramente dipendenti dal detto effetto costitutivo da quelle che invece sono a tale effetto legate da un vero e proprio nesso sinallagmatico ponendosi come parte – talvolta corrispettiva – del rapporto oggetto della domanda costitutiva. Possono quindi ritenersi anticipabili i soli effetti esecutivi dei capi che sono compatibili con la produzione dell’effetto costitutivo in un momento successivo, ossia all’atto del passaggio in giudicato del capo di sentenze propriamente costitutive, quale la condanna al pagamento delle spese processuali contenuta nella sentenza che accoglie la domanda, mentre non sono anticipabili effetti quali il pagamento del prezzo della vendita ed il rilascio dell’immobile oggetto della promessa di vendita”

 

La Corte ci restituisce un quadro completo degli effetti della sentenza ex art. 2932 c.c. disponendo che la parte residua del prezzo dovrà essere corrisposta solo quando sarà possibile trasferire la proprietà del bene e, quindi, non prima del passaggio in giudicato della sentenza. In questo senso, sono anticipabili gli effetti relativi al pagamento delle spese processuali liquidate dal giudice mentre non lo sono, al pari di quelli inerenti al trasferimento della proprietà dell’immobile, quelli relativi al pagamento del residuo prezzo della vendita e del rilascio del bene oggetto del preliminare (cfr. Cass. Civ. 26364 del 2017 o Cass. Civ. 690 del 2006).

Tornando al nostro esempio, Tizio dovrà sì versare il 20 percento del residuo prezzo ma solo quando gli verrà conferita la proprietà dell’immobile e, quindi, solo con il passaggio in giudicato della sentenza.

Anzi, secondo alcuni, l’effetto traslativo ed il trasferimento del bene in questi casi sarebbero subordinati al pagamento del prezzo. Più nel dettaglio, si parlerebbe di condizione dell’effetto traslativo della sentenza o anche di sentenza con condizione (Cass.Civ. 12556 del 2000 o 20226 del 2018)

 

La trascrizione della domanda giudiziale

 

 

È bene precisare, ad onore del vero, che per giungere al passaggio in giudicato della sentenza ex art. 2932 c.c. e dunque al relativo trasferimento della proprietà potrebbero volerci, in considerazione della lentezza dell’odierna giustizia civile,  molti e molti anni.

Anni in cui il bene oggetto del preliminare, non essendo vincolato dall’azione in corso, potrà essere donato, venduto o altrimenti trasferito a terzi.

Ebbene, nonostante il bene possa circolare, il promissario acquirente che abbia trascritto la domanda giudiziale potrà dormire sonni tranquilli potendo egli prevalere, nel caso di accoglimento della domanda, sugli acquirenti successivi del venditore.

Infatti, le domande  ex art. 2932 c.c. possono essere trascritte ai sensi dell’art. 2652 c.c.

La trascrizione della domanda garantirà la retroazione degli effetti del trasferimento operato con la sentenza.

Per fare un esempio, poniamo che Tizio, promissario acquirente, citi in giudizio Caio, promittente alienante, per non aver questi onorato il contratto preliminare di compravendita e per vedersi accogliere la domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c.

Notificato l’atto di citazione, Tizio si reca in conservatoria per trascrivere la domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. avendone possibilità ai sensi dell’art. 2652 c.c.

Dodici anni dopo viene emessa la sentenza della Suprema Corte di Cassazione che, all’esito di un articolato iter giudiziario, dà ragione a Tizio. Con il passaggio in giudicato della sentenza, dunque,  Tizio dovrebbe divenire proprietario dell’immobile, oggetto del preliminare non adempiuto, ai danni di Caio. Purtroppo, però, Caio ha alienato il suo bene a Sempronio che, a sua volta, lo ha donato a Mevia.

Nonostante i molteplici trasferimenti, Tizio diventerà ugualmente proprietario dell’immobile in virtù della retroazione della trascrizione ex art. 2932 c.c. e del suo effetto prenotativo.

Infatti, secondo consolidata giurisprudenza, “la trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ. dell’obbligazione di alienare un immobile ha efficacia “prenotativa” ai sensi dell’art. 2652, n. 2, cod. civ., sicché, in tal caso, sono inopponibili al promissario acquirente le alienazioni a terzi effettuate dal promittente venditore in epoca successiva, e rende possibile il trasferimento del bene in favore dell’attore” (Cass. Civ. 24960 del 2014 conf.4819 del 2000)

Differentemente, qualora la domanda giudiziale non fosse stata trascritta o vi siano trascrizioni antecedenti ad essa (ad esempio un precedente preliminare trascritto, od una precedente domanda ex art. 2932 c.c.) l’effetto prenotativo non si verificherà oppure pur verificandosi verrà vanificato da una precedente trascrizione.

Avv. Daniele Giordano

(collaboratore dello studio legale d’Ambrosio Borselli presso la sede di Napoli)

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