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La relazione 56 del 2020 della Cassazione sulla riduzione del canone di locazione e l’ordinanza del Tribunale di Roma

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Coronavirus: la relazione n. 56 del 2020 della Cassazione sull’obbligo di rinegoziare il canone di locazione e la conseguente ordinanza del Tribunale di Roma

1. L’ordinanza del Tribunale di Roma

L’ordinanza del 27 agosto 2020 del Tribunale di Roma VI Sez. Civile, firmata dal giudice Maria Pasqualino Grauso, (per il testo clicca Ordinanza del 27.8.2020 Tribunale di Roma) è tornata sul rapporto tra locazione commerciale e canoni dovuti per le mensilità ricadenti nel lockdown, applicando alcuni principi esposti nella relazione n.56 della Corte di Cassazione al contratto di locazione commerciale (vedi infra).
Avevamo già parlato, in un precedente articolo (per leggere ed approfondire il quale si legga Affitto commerciale, niente sfratto per morosità per il Coronavirus”), dell’ordinanza del Tribunale di Venezia del 28.7.2020, Giudice dott. Doro, che relativamente alla morosità sorta per le mensilità in commento, rigettava l’istanza di rilascio dell’immobile locato da parte del locatore, valutando il mancato pagamento dei canoni da parte del negoziante “più che ad una reale volontà di non adempiere …all’effettiva contingenza derivante dall’emergenza sanitaria e dalla connessa normativa restrittiva”.
Ebbene, mentre l’ordinanza del Tribunale di Venezia si concludeva con un invito ad accordarsi circa la percentuale di riduzione del canone, il Giudice capitolino, invece, dispone direttamente la percentuale di diminuzione, aggiungendo di fatto un nuovo tassello all’elaborazione giurisprudenziale degli ultimi mesi.
I fatti di causa possono così sintetizzarsi.
La società conduttrice del contratto di locazione commerciale (nella specie un’attività di ristorazione) non aveva pagato il canone di locazione dovuto per le mensilità in cui, a causa delle misure restrittive, era restata chiusa.
Or bene, stante il mancato pagamento dei canoni, la società locatrice, proprietaria dell’immobile, chiedeva l’escussione della fideiussione bancaria che la conduttrice aveva rilasciato a garanzia del proprio adempimento, pretendendo di conseguenza dalla banca l’importo non versato dal ristoratore.
Tale diatriba arrivava così al giudice capitolino, al quale veniva richiesto: in primo luogo di ordinare alla locatrice di non escutere alcuna fideiussione bancaria e, in secondo, di disporre la riduzione del canone dovuto per le mensilità relative al lockdown.
È in questo contesto che si inserisce l’ordinanza del 27 agosto scorso del Tribunale di Roma la quale, nel dare ragione al negoziante, si concentra su alcuni punti salienti del rapporto conduttore-locatore.
Tale ordinanza è figlia della nuova corrente giurisprudenziale inaugurata con la relazione n. 56 del 8.7.20 della Corte di Cassazione, dalla quale prende in prestito i motivi fondanti (clicca Relazione Cassazione 56-2020 per leggere il testo integrale della Relazione n. 56 del 8 Luglio 2020).)
Il Giudice nella parte motiva dell’ordinanza in commento spiega che il nostro ordinamento, quando il contratto divenga squilibrato in conseguenza di un evento futuro imprevedibile, conosce il solo rimedio dell’art. 1467 c.c. ossia la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità.
Tale rimedio concede alla parte la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa di chiedere la risoluzione del contratto. In tal senso, secondo il giudice capitolino, il rimedio per la parte la cui prestazione ( nel caso: pagare il canone) sia divenuta eccessivamente onerosa per una sopravvenienza (tale è il coronavirus e la chiusura obbligatoria di tutte le attività commerciali), è un rimedio unicamente risolutivo che spesso non risulta soddisfacente nemmeno per la parte cui tale diritto è riconosciuto.
Or bene, secondo il giudice, in un rapporto di lunga durata, quale ad esempio il rapporto sotteso ad una locazione commerciale, il rimedio della risoluzione può risultare non soddisfacente.
Si pensi al conduttore che abbia effettuato importanti ristrutturazioni e rilevanti investimenti nella speranza di godere dell’immobile locato per gli anni previsti da contratto.
Con la risoluzione egli perderebbe ogni diritto sulle migliorie apportate e sugli investimenti compiuti che, salvo rare ipotesi in cui essi siano concordati con il locatore, non danno diritto ad alcun ritorno.
Con la risoluzione per eccessiva onerosità, a parere del giudicante, egli perderebbe, inoltre, il diritto a ricevere l’indennità di avviamento ex art. 34 del d.lgs. 392 del 1978.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il giudice del tribunale romano, rilevata l’insufficienza della tutela prestata, ritrova, sulla scia delle considerazioni della Relazione predetta, nella clausola generale di buona fede e correttezza una possibile soluzione.
Per tale via, il giudice facendo applicazione del principio di buona fede integrativa dispone direttamente la percentuale di riduzione del canone e per di più non solo limitatamente alle mensilità relative al lockdown ma anche per quelle successive e, precisamente, fino a marzo 2021 (dispositivo test.: accoglie la domanda cautelare disponendo la riduzione dei canoni di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20 % per i mesi da giugno 2020 a marzo 2021).

La decisione del giudice romano applica alla locazione commerciale alcuni principi contenuti nella relazione n. 56 del 8 luglio 2020 della Corte di Cassazione.

2. La Relazione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, con la relazione in commento, ha infatti affrontato il problema della gestione delle sopravvenienze nel rapporto contrattuale .
Più nel dettaglio, la Corte è entrata nel merito delle vicende degli ultimi mesi nel tentativo di trovare una soluzione al disequilibrio contrattuale creato dallo “shock economico” della pandemia da Covid-19.
Il riferimento della Corte di legittimità è ai rapporti di durata ossia a quei rapporti contrattuali che, per loro natura, si protraggono nel tempo. Ebbene sarà a tutti noto che questi contratti hanno sofferto, a causa della crisi economica dovuta al virus, uno sbilanciamento.
Ciò considerato, la Suprema Corte si concentra sul trovare un metodo per ricondurre questi contratti ad equità evitandone la “demolizione”.
La Relazione, infatti, parte dall’assunto per cui l’unico rimedio a disposizione della parte che soffre lo sbilanciamento contrattuale è la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità ai sensi dell’art. 1467 c.c.
L’art. 1467 c.c., disciplinante l’eccessiva onerosità, dispone infatti che “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti e’ divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione puo’ domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458.
La risoluzione non puo’ essere domandata se la sopravvenuta onerosita’ rientra nell’alea normale del contratto.
La parte contro la quale e’ domandata la risoluzione puo’ evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.”

Per fare un esempio, Tizio e Caio stipulano un contratto di fornitura di materie prime a prezzo fisso. Qualora quella data materia prima (petrolio) a causa di una crisi (avvenimento straordinario e imprevedibile) venga temporaneamente a mancare, la prestazione di Tizio (fornire una data quantità di petrolio) diverrebbe per questi eccessivamente onerosa (aumento del prezzo della materia da fornire a determinate condizioni) tanto da autorizzarlo a chiedere, a causa dello sbilanciamento verificatosi, la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1467 c.c.
In tali ipotesi, dunque, il contraente debole non ha altra soluzione che non sia la risoluzione del contratto. Infatti, nessuno strumento giuridico gli garantisce la possibilità di cambiare il prezzo fissato in modo da “riequilibrare” l’assetto negoziale originario.
Ciò posto, la Corte, individuata la lacuna, interviene sul presupposto che “l’emergenza non si tampona demolendo il contratto” (pag. 6 Relazione).
In tal senso, parlare di sbilanciamenti contrattuali sopravvenuti, e dei rispettivi rimedi, significa cercare una soluzione allo squilibrio contrattuale nato a causa di un fattore imprevedibile e straordinario (quale, nel nostro caso, la pandemia da covid-19) che non sia la risoluzione del contratto.
Or bene, considerata l’assenza di uno strumento per riequilibrare il contratto che non sia la sua “demolizione”, la Corte rintraccia nella buona fede oggettiva una via percorribile.
Più nel dettaglio secondo la S.C. “La risposta all’esigenza manutentiva del contratto e di rinegoziazione necessaria del suo contenuto va ritrovata nell’attuale diritto dei contratti riletto al lume del principio di solidarietà e rivitalizzato in un’ottica costituzionalmente orientata attraverso la clausola di buona fede” (pg.23 Relazione)
Del resto, tale principio è parte del nostro patrimonio giuridico e viene puntualmente ribadito dall’art. 1375 c.c. il quale dispone che “il contratto deve essere eseguito in buona fede”.
All’esito di un articolato richiamo ai principi della buona fede e della conservazione del contratto, la Corte deduce che: dalla correttezza imposta ai contraenti nell’esecuzione del contratto ne deriva un obbligo di rinegoziare il contratto quando questo diventi sbilanciato a causa di eventi imprevedibili e straordinari.

3. Conclusioni
Il cammino della corte di legittimità verso la salvezza del contratto “sbilanciato” va sicuramente salutato con favore. Eppure, le conclusioni cui essa giunge, se applicate al contratto di locazione commerciale, possono dare origine a non pochi problemi.
Il ragionamento, infatti, se applicato al contratto di locazione commerciale, come operato dal giudice capitolino, presta il fianco a qualche critica.
La diffusione di un siffatto orientamento, in termini di locazione commerciale, potrebbe condurre alla conseguenza che il rischio d’impresa non graverebbe più sul conduttore ma su entrambe le parti.
Difatti, ove mai si accettasse che le sopravvenienze autorizzino il giudice a disporre secondo equità la riduzione del canone di locazione, si ammetterebbe implicitamente che il proprietario del negozio risponda della crisi del suo inquilino.
In tal senso, mentre nel caso di crisi il contratto deve essere adeguato per consentire al conduttore di non soffrire lo squilibrio contrattuale, al contrario non residuerebbe nessuna “buona fede integrativa” per riportare ad equità il contratto quando il conduttore, per via di una favorevole congiuntura economica, quintuplichi il suo incasso.
L’iniquità del rapporto si sostanzierebbe in una dinamica per cui la crisi del conduttore imporrebbe la rinegoziazione del canone, mentre la sua apoteosi commerciale il rispetto del brocardo “pacta sunt servanda”( i patti devono essere osservati) in una sorta di rapporto regolato dal win-win, win-lose.
In questo senso, una cosa è l’ammettere che sulle parti gravi un generale obbligo di rinegoziare il contratto con serietà e l’altra è giustificare un’ intrusione nella volontà del locatore.
In conclusione, si ritiene che i principi enucleati dalla summenzionata relazione, se non applicati con la giusta prudenza, possono rilevarsi un vero e proprio strumento di ingiustizia sociale, creando più disequilibrio di quanto non riescano ad equilibrare.

Avv. Daniele Giordano

Per la nuova proroga del blocco dei provvedimenti di rilascio fino al 31 dicembre si legga “Prorogato al 31 dicembre il blocco degli sfratti”

Per sapere come deve comportarsi il locatore nel caso di mancato pagamento del canone, a causa del coronavirus si legga Mancato pagamento affitto locale commerciale a causa del coronavirus, come comportarsi”.

Per approfondire il concetto di grave inadempimento indispensabile per la risoluzione del contratto in relazione alla eccezionalità della situazione venutasi a creare nell’emergenza causata dal Covid-19 si legga “Locazione commerciale: quando il Coronavirus esclude il grave inadempimento ed impedisce lo sfratto per morosità”

Per approfondire l’incidenza del Coronavirus sulle locazioni commerciali sia nel periodo della chiusura che in quello successivo si legga Contratto di locazione commerciale: sospensione del pagamento e rinegoziazione del canone a causa del Coronavirus”

Per approfondire  l’ipotesi di risoluzione per eccessiva onerosità in relazione all’indennità di avviamento si legga “Coronavirus: dovuta l’indennità di avviamento in caso di risoluzione per eccessiva onerosità della locazione”.

Per valutare le differenze tra l’inadempimento, causato dal Coronavirus,  in caso di  contratto di locazione ed in caso di  contratto di affitto di azienda si legga Le conseguenze del Coronavirus sull’affitto di azienda: legittima la sospensione del pagamento”.

Per approfondire l’argomento del grave inadempimento per procedere alla risoluzione da parte del locatore e dopo quanti canoni impagati si possa procedere allo sfratto, ed inoltre quando sia sanabile la morosità in questo tipo di situazioni si legga “Contratto di Locazione commerciale: la sanatoria della morosità e il Grave inadempimento” .

Per approfondimenti sul precetto per rilascio e sul preavviso di sloggio e per scaricarne i relativi modelli si legga “Il precetto per rilascio ed il preavviso di sloggio con i relativi modelli”

Sul decreto ingiuntivo relativo ai canoni di locazione si legga “Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per i canoni di locazione

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