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L’estinzione del pignoramento immobiliare per infruttuosità

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L’infruttuosità della procedura esecutiva immobiliare: differenze tra l’infruttuosità ed il prezzo ingiusto (il cd prezzo vile) ex art 586 cpc

 

 

 

L’art. 164 bis disp.att. c.p.c.

L’art. 164 bis disp.att. c.p.c. introduce un’autonoma causa di chiusura anticipata della procedura esecutiva immobiliare. In tal senso, la procedura esecutiva va chiusa anticipatamente quando la sua prosecuzione diviene antieconomica o, per dirla in parole semplici, il gioco inizia a non “valere la candela”.

Per meglio comprendere cosa si intende per antieconomicità della procedura esecutiva immobiliare, occorre partire dal dato normativo rappresentato, per l’appunto, dall’art. 164 bis disp.att. c.p.c.

 “Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.

Ebbene, l’art. 164 bis esprime un concetto sintetizzabile nella già accennata anti-economicità e ciò significa che quando il prezzo del bene all’asta, a causa dei continui ribassi, non consenta un “ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori” il giudice può disporre la chiusura anticipata del processo esecutivo.

La vicenda disegnata dall’articolo in commento può essere così spiegata.

Noi sappiamo che l’immobile oggetto di esecuzione per essere venduto più agevolmente viene ribassato del suo valore ad ogni esperimento d’asta di ¼ secondo lo schema definito dall’art. 591 c.p.c. e più nel dettaglio secondo l’ordinanza di vendita.

 Pertanto, nel tempo e nel susseguirsi dei vari esperimenti di vendita e conseguenti ribassi, il prezzo di vendita potrebbe arrivare ad essere così basso da compromettere il soddisfacimento del creditore e finanche la copertura dei costi necessari per la prosecuzione della procedura. In buona sostanza, a distanza di anni e di numerosi esperimenti di vendita infruttuosi, il prezzo della vendita può divenire così basso da rendere anti-economico il proseguimento della procedura esecutiva. A tale difficoltà sopperisce l’art. 164 bis, il quale consente al giudice di estinguere la procedura esecutiva immobiliare per infruttuosità della stessa.

La ratio della norma

Sebbene ad una prima lettura possa sembrare che la norma in commento sia stata predisposta per “aiutare” il debitore esecutato a non veder svenduto il proprio immobile, la ratio dell’art. 164 bis va ricercata altrove.

La sua ragione va piuttosto ricercata nel contemperamento tra l’interesse del creditore ad ottenere soddisfazione del suo credito e l’esigenza dell’ordinamento giuridico di non superare la ragionevole durata del processo nel caso di immobile senza mercato.

La stessa giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che la chiusura anticipata della procedura esecutiva per infruttuosità è finalizzata ad evitare che proseguano procedure esecutive inidonee a soddisfare il creditore con aggravio di carico (“inutile”) per la già oberata giustizia.

In tal senso, appare illuminante l’ordinanza del Tribunale di Pavia del 7 luglio 2016, secondo la quale “ la ratio della norma contenuta nell’art. 164 bis disp. Att. c.p.c. consiste nella tutela del buon andamento della giustizia, volendosi evitare che proseguano, sine die e con inutile dispendio di risorse, procedure esecutive inidonee a consentire il soddisfacimento degli interessi dei creditori. Deve, pertanto, essere escluso che la disposizione in esame costituisca strumento di contemperamento tra il perseguimento dello scopo tipico dell’esecuzione forzata, dato dal soddisfacimento dei crediti fatti valere nella procedura esecutiva e l’interesse del debitore a non vedere svenduto il proprio bene rispetto ad un ipotetico valore di mercato”.

Dunque, la norma in oggetto tutela l’interesse primario della giustizia a non sostenere procedure “in stallo” e ferme da molto tempo. A prescindere dalla volontà del debitore e del creditore, il giudice “chiude” anticipatamente la procedura esecutiva perché è inutile che essa prosegua ingenerando più costi che profitti.

Quando è infruttuosa una procedura esecutiva immobiliare?

A ben guardare, l’infruttuosità della procedura esecutiva immobiliare può verificarsi, come si anticipava, unicamente quando il gioco inizia a non valere più la candela. Così posto il problema, una procedura potrebbe risultare fruttuosa anche qualora consenta solamente di coprire le spese del procedimento fin lì avanzato.

Per comprenderci, ipotizzando un immobile posto in vendita a 20.000 euro (a fronte di una valutazione iniziale di 300.000 euro), residuerebbe comunque in capo alla procedura una certa utilità: quella del recupero delle spese avanzate.

Pertanto, è ipotizzabile che l’infruttuosità si verifichi solo quando l’immobile, con la sua vendita, riuscirebbe a coprire solo simbolicamente le spese di procedura mentre, al contrario, potrebbe aumentarne la consistenza.

Differenze con art. 586 c.p.c.

Diversamente da quanto previsto dall’art. 164 bis c.p.c., l’art. 586 c.p.c. dispone che il giudice dell’esecuzione possa “sospendere” il pignoramento quando il prezzo conseguito, con l’aggiudicazione, sia un prezzo “ingiusto”.

Malgrado ci sia una certa vicinanza tra il concetto di “infruttuosità” ex art. 164 bis c.p.c. e il concetto di “ingiustizia del prezzo” ex art. 586 c.p.c. le due norme esprimono concetti e strumenti del tutto differenti.

E la portata che abbiamo visto essere tutto sommato limitata del primo è completamente diversa dalla portata enormemente superiore (in termini di valutazione del prezzo che per essere ingiusto non deve essere pressochè vicino ai 15-20 mila euro come nl caso dell’art. 164 bis appena descritto

Avvenuto il versamento del prezzo,  a norma dell’art 586 cpc, il giudice dell’ esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, oppure pronunciare decreto di trasferimento.

L’art. 586 c.p.c.,  dunque, prevede che il giudice possa sospendere, successivamente all’aggiudicazione, la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto.

In questo caso la valutazione del giudice non è relativa alla anti-economicità del risultato economico della procedura esecutiva immobiliare (come nel caso dell’art. 164 bis) quanto piuttosto alla giustizia/ingiustizia del prezzo ottenuto.

La Giurisprudenza di legittimità, ha, va aggiunto per completezza, parzialmente limitato la portata potenzialmente dirompente (se ben motivate le relative istanze) dell’art. 586 c.p.c. ritenendo che è potere del giudice applicare tale norma solo quando egli ritenga che fattori esterni abbiano inciso sulla regolarità delle operazioni di vendita.

“In tema di esecuzioni immobiliari, la facoltà di sospendere la vendita ai sensi dell’art. 586 c.p.c., nel testo novellato dall’art. 19 bis della legge 12 luglio 1991, n. 203, persegue lo scopo di contrastare tutte le possibili interferenze illegittime nel procedimento di fissazione del prezzo. Ne consegue che l’individuazione di quest’ultimo quale giusto prezzo, oltre a presupporre una comparazione fra i dati costituiti da quello concretamente realizzato con l’aggiudicazione e quello che sarebbe stato conseguito in condizioni di non interferenza di fattori devianti, richiede, ai fini della sospensione, che la differenza tra le due valutazioni debba evidenziarsi in termini di notevole inferiorità, secondo criteri da adottarsi di volta in volta in relazione al caso concreto, nel quadro della esigenza di contrasto alla illegalità cui si ispira l’art. 19 bis sopra richiamato” (Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1612 del 3 febbraio 2012)

Pertanto, se interferenze illegittime o fattori potenzialmente devianti hanno reso irregolare la vendita ed, il suo frutto, il prezzo allora il giudice potrà applicare l’art. 586 c.p.c. revocando l’aggiudicazione (è questo il senso dell’inciso  “sospendere la vendita”).

Tanto chiarito, mentre l’art. 586 c.p.c. tutela civilisticamente la regolarità dell’incanto e  dota il giudice di uno strumento per “revocare” la vendita che sia frutto di irregolarità, l’art. 164 bis c.p.c. prescinde da tutto questo e richiede “”unicamente”” che l’immobile, malgrado tutti gli sforzi, sia arrivato ad un prezzo così basso che non varrebbe nemmeno più la pena di venderlo.

Avv. Daniele Giordano

(collaboratore dello Studio d’Ambrosio Borselli per la sede di Napoli)

Chi volesse approfondire l’argomento delle opposizioni esecutive legga gli articoli  “Guida all’Opposizione a precetto: termini, competenza e forma” , “Guida all’Opposizione al pignoramento immobiliare: competenza, forma e termini della fase cautelare” e   “Rigetto dell’opposizione agli atti esecutivi: il reclamo al collegio e il giudizio di merito”

Per maggiori informazioni sulla procedura per porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento si legga Sovraindebitamento: tempi e costi delle tre procedure” o anche Guida al Sovraindebitamento: Il Piano del Consumatore, l’Accordo con i Creditori e la Liquidazione del Patrimonio, differenze tra le tre procedure”, o “Reclamo al collegio avverso rigetto del Piano del consumatore: termini, costi, poteri del Collegio, in particolare sulla sospensione della procedura esecutiva immobiliare pendente, con provvedimento di sospensione e modello di reclamo” mentre sulle possibilità offerte da questa di bloccare o sospendere i pignoramenti immobiliari in corso si legga   “Il piano del consumatore per bloccare il pignoramento immobiliare e salvare casa” ed anche La sospensione dell’esecuzione con l’introduzione della procedura da sovraindebitamento ex L. 3/2012

Per approfondire la tematica della sospensione del pignoramento che si tratti di sospensione volontaria o di sospensione disposta dal giudice, a seguito di opposizione, si legga “Guida alla sospensione del pignoramento immobiliare: la sospensione volontaria, quelle interna ed esterna, tutto sugli artt. da 623 a 628 cpc”

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