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Opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c. Guida Completa

Ottobre 3, 2023by Redazione
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Guida completa all’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., termini, procedura, fase cautelare, fase di merito e costi.


Prima di esaminare nel dettaglio l’opposizione di cui all’art 617, oggetto della presente guida, è utile ricordare quali sono le opposizioni proponibili nel processo di esecuzione.

Disciplinate dal titolo V del Libro III del codice di procedura civile, esse sono:
l’opposizione all’esecuzione prevista dall’art 615 c.p.c., l’opposizione agli atti esecutivi ex. art 617 c.p.c. nonché l’opposizione di terzo ex. art 619 c.p.c.
Tale elencazione non esaurisce tuttavia l’ambito delle opposizioni proponibili in un processo di esecuzione, essendovi altri tipi di gravami disciplinati, in senso lato, dall’art. 591 ter c.p.c. cioè l’opposizione esperibile avverso gli atti del delegato e dall’art. 173 bis disp.att. c.p.c. disciplinante le note avverso la perizia del consulente incaricato d’ufficio.

Tornando all’oggetto della nostra analisi, l’opposizione agli atti esecutivi trova la sua fonte normativa nell’art 617 del Codice di procedura civile, il quale così dispone:
“Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al giudice indicato nell’articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto [disp.att. 187] .
Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell’inizio dell’esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice della esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti.”

Cosa si contesta con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.?

Con l’opposizione agli atti esecutivi, l’opponente contesta in buona sostanza la regolarità formale del titolo esecutivo, del precetto, delle notificazioni e degli atti esecutivi posti in essere.
Pertanto si suole dire che l’opposizione agli atti lamenta il “quomodo” dell’esecuzione e, dunque, la sua regolarità formale.
E’ proponibile nei seguenti casi:
1.Irregolarità formale del titolo e/o del precetto;
2.Notificazione nulla e/o inesistente del titolo, del precetto o del pignoramento;
3.Irregolarità di qualsiasi atto della procedura esecutiva immobiliare
;
Un problema che spesso si pone è quello di riuscire ad individuare i criteri sulla base dei quali poter operare la distinzione tra una opposizione all’esecuzione ed una opposizione agli atti esecutivi.
In termini sintetici può dirsi che nell’opposizione all’esecuzione l’oggetto dalla domanda è costituito dall’accertamento negativo del diritto dell’intimante di promuovere un giudizio di esecuzione; nell’opposizione agli atti esecutivi, invece, l’oggetto del giudizio è dato dalla richiesta di dichiarare la nullità formale dell’atto preliminare all’azione esecutiva.

Termine per la proposizione opposizione agli atti esecutivi

Aspetto interessante di tale forma di opposizione concerne il termine per la sua proposizione.
L’opposizione in esame può essere infatti proposta durante tutto l’arco della procedura esecutiva immobiliare (anche avverso il decreto di trasferimento) ma pur sempre “nel termine perentorio di venti giorni” dal primo atto di esecuzione se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti o dalla conoscenza dell’atto o del provvedimento che si ritiene viziato.
Sul punto evidenziato rileva una recentissima sentenza della Corte di Cassazione del 15 febbraio 2023, n. 4797, con la quale la Corte ha enunciato il principio secondo cui in tema di espropriazione immobiliare, il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento dell’immobile pignorato decorre dal giorno in cui il soggetto interessato abbia acquisito conoscenza, legale o di fatto, di tale decreto oppure di un atto o provvedimento che ne presuppone necessariamente l’emanazione; l’opposizione va comunque proposta entro il limite massimo dell’esaurimento della fase satisfattiva della espropriazione forzata, costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione.
E, in ogni caso, è onere dell’opponente dimostrare la tempestività dell’opposizione, oppure al contrario, dimostrare che una formalità, considerata idonea a fornire conoscenza legale dell’atto da impugnare (come ad es., nel caso posto al vaglio della Cassazione, l’accesso del tecnico all’immobile pignorato per procedere alla stima del bene), in realtà non gli avrebbe consentito di avere contezza del procedimento.

Ebbene, in tutti i casi in cui l’opponente, deducendo un difetto di conoscenza legale, assuma di aver preso contezza dell’atto impugnato per propria iniziativa, non può limitarsi ad allegare detta conoscenza, ma deve fornire idonea prova del momento in cui l’ha acquisita ai fini della dimostrazione della tempestività dell’opposizione.

Dunque, posto che il decreto di trasferimento non deve essere comunicato alle parti, e che, stando alla recente interpretazione degli ermellini, la conoscenza legale o di fatto del provvedimento rappresenta l’unica forma di conoscenza idonea a far decorrere il dies a quo per proporre opposizione, sembrerebbe allora vanificata la prescritta perentorietà del termine (20 giorni dal singolo atto di esecuzione) di opposizione di cui all’art. 617 c.p.c.??

Opposizione agli atti esecutivi: costi e forma

Per una maggiore cognizione della materia, circa anche i costi e la forma dell’opposizione in esame, bisogna richiamare una distinzione tanto banale quanto fondamentale:
Sono definite opposizione successive quelle proposte successivamente all’inizio dell’esecuzione.
In alternativa, sono preventive quelle proposte prima dell’inizio dell’esecuzione.

La linea di demarcazione tra le due fattispecie è la notifica del pignoramento che segna l’inizio dell’esecuzione e la linea temporale per comprendere se si ricade nell’una o nell’altra ipotesi.
Tale precisazione è importante in quanto le due opposizioni recano strutture differenti:
Le prime (quelle successive) hanno una struttura cd. “bifasica” che si scompone per l’appunto in due fasi: una fase cautelare ed una di merito.
Le seconde (quelle preventive) seguono un procedimento “uni-fasico” che si sviluppa in un’unica fase.
Prima che sia iniziata l’esecuzione, a norma dell’art 617 c.p.c., l’opposizione si propone con atto di citazione al giudice normalmente competente salvo i casi in cui la materia rientri in quelle disciplinate dal rito del lavoro o dal rito locatizio.
L’opposizione successiva all’inizio dell’esecuzione invece, si propone con ricorso al giudice nominato per l’esecuzione.
Da ciò altra differenza che ne discende riguarda il pagamento del contributo unificato:
Nel primo caso l’opposizione è soggetta al pagamento  del contributo in misura fissa di euro 168,00 (oltre a euro 27,00 di marca da bollo) in quanto introduttiva di un ordinario processo di cognizione.
Nel secondo caso, trattandosi di procedimento che si innesta nell’ambito del processo esecutivo pendente che sconta già del contributo unificato, non è dovuto alcun contributo, come confermato dalla Circolare 3 Marzo 2015 del Ministero della Giustizia in materia di Contributo unificato.
(L’eventuale e successiva fase di merito introdotta e celebrata davanti al giudice competente, è assoggettata al versamento del contributo unificato di 168,00, oltre a euro 27,00 di marca da bollo, poiché anche in questo caso va ad instaurarsi un ordinario processo di cognizione).

Struttura bifasica e le sue due fasi

L’opposizione ex. art 617 c.p.c che sia successiva all’esecuzione, come detto, reca una particolare struttura definita “bifasica” e segue un percorso obbligato.
Per chiarirci, la parte che intende lamentarsi dei vizi formali della procedura esecutiva dovrà farlo:
prima con un’opposizione “cautelare” dinanzi al giudice dell’esecuzione pendente e, solo dopo l’emissione dell’ordinanza di rigetto o accoglimento della stessa, potrà (e non dovrà) introdurre il giudizio di merito dinanzi ad altro giudice.

Analizziamo le caratteristiche salienti delle due fasi in esame.
1. Fase cautelare:
Essa è diretta a sospendere il prosieguo della procedura esecutiva ed è necessariamente preliminare alla fase di merito, fase quest’ultima tesa ad esaminare l’opposizione in giudizio a cognizione piena.
Il G.E. nella fase cautelare valuta sommariamente la presentata opposizione: significa che valuterà non tanto la fondatezza della domanda quanto piuttosto due elementi: a)la sua probabile fondatezza (fumus boni juris) b) il pericolo che la prosecuzione della procedura pregiudichi il diritto fatto valere (periculum in mora)
Quindi quale è l’obiettivo primario della fase cautelare?
L’obiettivo è la sospensione della procedura ex. art 624 c.p.c. il quale dispone che “Il giudice, quando è presentata opposizione all’esecuzione ex. art 615 c.p.c., agli atti esecutivi ex. art 617 c.p.c. o di terzo ex art. 619 c.p.c. e ricorrono “gravi motivi” sospende la procedura esecutiva”.
Alla definizione dell’opposizione cautelare provvede il G.E. con ordinanza, la quale ai sensi dell’articolo 618 c.p.c. contiene i termini per l’introduzione del giudizio di merito a cura della parte che ne avrà interesse (opponente in caso di rigetto, creditore in caso di accoglimento).

2.Il giudizio di merito:
Nella stessa ordinanza con cui si pronuncia sull’opposizione il giudice fisserà un termine, definito perentorio dall’art. 618 c.p.c.,  entro il quale potrà essere introdotto il giudizio di merito a cura della parte che ne abbia interesse (spesso 90 o 120 giorni decorrenti dalla comunicazione dell’ordinanza, con termini a comparire che non dovranno essere inferiori a 45 giorni ossia quelli di cui all’art 163 bis cpc ridotti alla metà).
Appare ovvio che nel caso di diniego della sospensione sarà l’opponente ad essere interessato all’introduzione del giudizio di merito per ribadire il vizio dedotto davanti ad altro giudice.
Viceversa, in caso di accoglimento dell’opposizione, il creditore che non voglia vedersi estinta la procedura, con conseguente perdita dei notevoli costi anticipati, deve introdurre il giudizio di merito.
Si ricordi che solo l’introduzione del giudizio di merito prevede il pagamento del contributo unificato mentre l’opposizione nella “fase cautelare” non prevede il pagamento di alcun importo.

Se il giudice dell’esecuzione abbia disposto, con l’ordinanza emanata all’esito della fase sommaria dell’opposizione, la sospensione del processo esecutivo, ma nessuna delle parti abbia provveduto ad introdurre il giudizio nel termine perentorio, trova applicazione l’art 624 comma 3, c.p.c. :”
Nei casi di sospensione del processo disposta ai sensi del primo comma, se l’ordinanza non viene reclamata o viene confermata in sede di reclamo, e il giudizio di merito non è stato introdotto nel termine perentorio assegnato ai sensi dell’art. 616, il giudice dell’esecuzione dichiara, anche d’ufficio, con ordinanza, l’estinzione del processo e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, provvedendo anche sulle spese.
L’ordinanza è reclamabile ai sensi dell’articolo 630 cpc terzo comma.

L’introduzione del giudizio di merito:

Dunque, premesso che l’introduzione del giudizio di merito è a discrezione delle parti coinvolte nella precedente opposizione, vediamo cosa succede nel caso in cui il giudizio venga introdotto.

Una volta instaurato, il procedimento del giudizio di merito segue le regole ed il regime applicabile in ragione della materia oggetto della controversia.
Tale regola subisce, tuttavia, delle eccezioni con riferimento ai termini processuali: i termini a comparire di cui all’art 163 bis c.p.c., o gli altri previsti dal rito applicabile, sono ridotti della metà; inoltre non si applica la sospensione feriale dei termini processuali, disciplina prevista dalla L. n. 742 del 1969, sia con riferimento alla fase sommaria che con riguardo alla fase a cognizione piena.
Se si applica il rito ordinario, il giudizio è introdotto mediante atto di citazione ex. art 163 c.p.c.
L’opponente deve quindi notificare l’atto alla controparte; poi iscrivere la causa al ruolo, entro i 10 giorni dalla notifica alla controparte ex art 165 c.p.c e viene poi designato il giudice istruttore.
Altrimenti, se si applica il rito speciale (per quelle cause disciplinate dal rito del lavoro o locatizio o agrario), il giudizio è introdotto con ricorso depositato presso l’ufficio giudiziario del giudice competente per l’opposizione; l’opponente provvede a notificare il ricorso al convenuto.

A tal proposito, la Riforma Civile Cartabia, entrata in vigore dal 28 febbraio 2023, ha introdotto numerose modifiche al giudizio di primo grado.
Non volendoci dilungare troppo, brevemente riepiloghiamo le maggiori novità per quel che riguarda l’introduzione del giudizio di merito:
premesso che la domanda deve essere proposta con ricorso e non più con atto di citazione solo per i procedimenti instaurati dinanzi al Giudice di pace, cambia il contenuto dell’atto di citazione che oltre a dover rispettare i principi generali di chiarezza e sinteticità, deve contenere determinate nuove formule. -Il legislatore della riforma ha poi rimodulato il termine a comparire allungandolo ad almeno 120 giorni liberi, nonché termine processuale modificato dalla riforma è quello previsto per la costituzione del convenuto, individuato nel termine di 70 giorni prima dell’udienza indicata nell’atto di citazione. Infine, a pena di decadenza, le memorie integrative devono essere depositate nei seguenti termini: (la prima memoria, almeno 40 giorni prima dalla data dell’udienza di comparizione; la seconda memoria, almeno 20 giorni prima e la terza, almeno 10 giorni prima dell’udienza di comparizione).
Il giudizio di opposizione ex. art 617 si conclude con una sentenza.
Ai sensi dell’art. 618 c.p.c. La sentenza emessa all’esito del giudizio di merito dell’opposizione successiva, non è appellabile ma unicamente ricorribile in Cassazione.
Per quanto concerne il giudizio di cassazione, la legge delega di riforma prevede innanzitutto la riforma del c.d. filtro in Cassazione, con la previsione di un procedimento accelerato per la definizione dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati. In particolare, se il giudice (giudice filtro, in luogo della sezione filtro) ravvisa uno dei possibili suddetti esiti, lo comunica alle parti lasciando loro la possibilità di optare per la richiesta di una camera di consiglio ovvero per la rinuncia al ricorso.
Per conoscere delle novità introdotte dalla Cartabia sull’esecuzione
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Opposizioni preventive

Come anticipato, le opposizioni ex art 617 c.p.c. possono essere proposte anche prima che l’esecuzione sia iniziata, e dunque prima della notifica del pignoramento.
Lo dice espressamente l’art 617 c.p.c. al comma primo “Le opposizioni relative alla regolarità formali del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al giudice indicato nell’art. 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di 20 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto”.
L’opposizione preventiva agli atti esecutivi si propone con atto di citazione, a differenza dell’opposizione successiva che si introduce con ricorso, e costa del contributo unificato in misura fissa di 168,00 (oltre a euro 27,00 di marca da bollo, in quanto introduttiva di un ordinario processo di cognizione.

Diversamente dalle opposizioni successive che costano necessariamente di una struttura “bifasica” (fase cautelare e fase di merito), per le opposizioni preventive ex art 617 c.p.c la procedura risulta essere più semplice in quanto si riassumono entrambe le fasi dinanzi ad un unico giudice, il quale deciderà sia sulla sospensione che sul merito dell’opposizione proposta.

Non appellabilità della sentenza resa sull’opposizione agli atti  

Il giudizio di opposizione ex. art 617 si conclude con una sentenza.
Ai sensi dell’art. 618 c.p.c. La sentenza emessa all’esito del giudizio di merito dell’opposizione successiva, non è appellabile ma unicamente ricorribile in Cassazione.
Come anticipato, peculiarità delle opposizioni ex art 617 c.p.c. è che il provvedimento conclusivo non è impugnabile ma unicamente ricorribile in Cassazione.
Ciò vale sia per la sentenza emessa all’esito del giudizio di merito dell’opposizione successiva e quella emessa all’esito dell’opposizione a precetto e lo si deduce dalla lettura dell’art 618 c.p.c. :
“…La causa è decisa con sentenza non impugnabile. Sono altresì non impugnabili le sentenze pronunciate a norma dell’articolo precedente primo comma. “.

Reclamo ex art.669 terdecies c.p.c.

Ai sensi del co.1 del 669 terdecies c.p.c. :
Contro l’ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore.
La norma in esame chiarisce la possibilità per la parte interessata di proporre reclamo ex art. 669 terdecies contro il provvedimento del G.E.
Come si propone?
Il reclamo ex art 669 terdecies c.p.c. si propone entro 15 giorni dalla pronuncia (o dalla comunicazione o notificazione se anteriore) con ricorso al collegio (collegio del tribunale cui appartiene il giudice monocratico che ha emesso il provvedimento Cass. Civ. S.U. 19889/19) del quale non può far parte il giudice che ha emesso il provvedimento oggetto del reclamo per espresso divieto individuato dal comma secondo della norma.

Procedimento 669 terdecies- ordinanza collegiale- Impugnabilità-

Il ricorso dovrà contenere i motivi del preteso riesame e le generalità dell’atto impugnato.
Ma attenzione: il reclamo non sospende automaticamente l’esecuzione del provvedimento impugnato, salvo che la suddetta sospensione sia disposta con ordinanza del giudice inaudita altera parte quando, stando al tenore letterale della norma, per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno.
E’ ricorribile ex art. 111 Cost. ?
L’ordinanza conclusiva di accoglimento o di rigetto, emessa dal giudice collegiale, ai sensi del quinto comma dell’art 669 terdecies, non è impugnabile né ricorribile in Cassazione.
Il motivo della mancata previsione di impugnabilità deriverebbe dal fatto che l’ordinanza emessa dal collegio, essendo espressione del potere cautelare, è priva dei requisiti per creare giudicato.
La Corte di cassazione, Sezione III civile, con Ordinanza 4 ottobre 2022, n. 28790 dichiara l’inammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione avverso l’ordinanza collegiale resa ex art. 669-terdecies c.p.c., su reclamo proposto avverso la decisione del giudice dell’esecuzione sulla sospensione (per tutte, Cass. n. 25411/2019): ciò in quanto si tratta “di ordinanza priva del carattere della decisorietà per essere sempre in facoltà delle parti l’introduzione del giudizio di merito sull’opposizione esecutiva” (così l’arresto citato).
Il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., è ammesso, infatti, soltanto contro provvedimenti connotati dai caratteri della definitività e della decisorietà, nel senso che siano in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale.


Il diverso regime di impugnabilità dell’opposizione in oggetto rispetto all’opposizione all’esecuzione ex. art 615 (la cui sentenza è invece ordinariamente appellabile) può creare problematiche qualora il giudice adito per il gravame ritenga di riqualificare l’opposizione proposta.
Cosa accade in questo caso?

Il giudice ben potrebbe dichiarare inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza conclusiva del giudizio di merito ex art. 616, qualora ravvisasse nei motivi contenuti non un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 (la cui sentenza è appellabile) ma un’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c (la cui sentenza è inappellabile).

Tra l’altro, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25707/23, pubblicata in data 4 settembre 2023, ha confermato il principio, secondo cui l’esistenza di una causa di inammissibilità dell’appello è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio – e, quindi, anche d’ufficio in sede di legittimità – allorquando la relativa questione non sia stata dibattuta davanti al giudice di secondo grado e non abbia formato oggetto di una sua pronuncia passata in cosa giudicata, non potendosi riconoscere al gravame inammissibilmente spiegato alcuna efficacia conservativa del processo di impugnazione.
Il principio opera anche qualora la sentenza gravata abbia erroneamente deciso, in grado di appello, su una controversia di opposizione agli atti esecutivi, così qualificata dal giudice di prime cure, ma senza affrontare la questione (non sollevata dalle parti né rilevata di ufficio) dell’ammissibilità del mezzo di impugnazione.
In tal caso, la Corte – rilevata l’inammissibilità dell’appello proposto, per essere il ricorso per cassazione l’unico rimedio esperibile avverso le pronunce che definiscono opposizioni ex art. 617 c.p.c. – deve cassare senza rinvio la decisione impugnata, a norma dell’art. 382, 3° comma, ultimo periodo, c.p.c., con conseguente definitività della pronuncia di primo grado.

Conclusioni

In questa guida abbiamo esaminato una delle opposizioni certamente più conosciute e utilizzate nell’ambito delle esecuzioni immobiliari. Invero l’articolo 617 c.p.c. è divenuto il principale mezzo di opposizione avverso i provvedimenti ritenuti illegittimi del giudice dell’esecuzione, superando, almeno per estensione dei motivi e utilizzo nella prassi, l’articolo 615 e 619 c.p.c.

E’ bene però precisare in questa sede che una corretta strategia difensiva non può unicamente basarsi sulle sole opposizioni esecutive che di per sé se non ben articolate si risolvono in un nulla di fatto (e in salate condanne alle spese). Una corretta strategia difensiva deve perseguire, quanto meno, uno o più soluzioni concrete e solo nell’ottica di ottenere i risultati prefissati possono essere depositate una o più opposizioni.

E’ dunque fondamentale che il debitore valuti con un avvocato esperto in pignoramenti immobiliari la soluzione che più si addice alla sua personale, singola situazione senza voler – come purtroppo spesso accade – opporre qualsiasi provvedimento del giudice perché ritenuto ingiusto in principio e senza alcuna logica giuridica.

Un buon avvocato esperto in pignoramenti immobiliari saprà certamente orientare il suo assistito verso una strategia costruttiva che anche grazie all’opposizione agli atti potrà avvicinarsi (e magari ottenere) i risultati sperati.

Avv.p.  Alessandra Verde
(collaboratrice dello studio d’Ambrosio Borselli presso la sede di Napoli)

Per conoscere delle differenze principali tra le due opposizioni si legga: Opposizione ex. art 615 e opposizione ex. art 617: tutte le differenze

Chi volesse approfondire l’argomento delle opposizioni esecutive legga gli articoli  “Guida all’Opposizione a precetto: termini, competenza e forma” , “Guida all’Opposizione al pignoramento immobiliare: competenza, forma e termini della fase cautelare” e    “Opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi: costi, tempi e forme

Per una panoramica sugli strumenti esistenti per salvare la casa dal pignoramento immobiliare si legga l’articolo “Come salvare casa dal pignoramento: soluzioni e cosa fare”

Per un modello di opposizione agli atti esecutivi da scaricare si legga  “Modello di opposizione agli atti esecutivi per deposito tardivo dell’istanza di vendita – Accoglimento del Ge ed estinzione del pignoramento”

Chi abbia una prima casa pignorata o potenzialmente pignorabile e voglia approfondire caratteristiche e particolari tutele di cui gode la prima casa rispetto agli altri immobili legga  “Guida alle caratteristiche e tutele del Pignoramento immobiliare della prima casa”

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Avv. Edgardo Diomede d’Ambrosio Borselli

Iscritto “all’Albo Avvocati di Napoli”

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