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La nullità totale della fideiussione omnibus

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 INDICE 

Introduzione

La nullità totale

La tesi della nullità totale delle fideiussioni

La fideiussione rilasciata prima del provvedimento della banca d’Italia

Conclusioni

 

 

Introduzione

 

Al centro del dibattito degli ultimi anni, in tema di garanzie bancarie, è la validità della fideiussione omnibus contenente le clausole del modello ABI del 2003. La semplice ricorrenza delle clausole di sopravvivenza, di reviviscenza e di rinuncia ai termini ex art. 1957 condurrebbero, secondo alcuni, alla nullità totale della fideiussione prestata per contrarietà a norme imperative ex art. 1418 c.c. il quale dispone “ Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325, l’illiceità della causa, l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’art. 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’art. 1346. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge”.

Al contrario, secondo altri, la presenza di dette previsioni porterebbe tuttalpiù alla nullità parziale delle singole disposizioni contrattuali con l’effetto che la garanzia prestata resterebbe integra ed efficace secondo la previsione dell’art. 1419 c.c.  in guisa del quale “La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative”.

Per motivi logici, giuridici e sistematici si ritiene di dover aderire alla prima tesi per cui le fideiussioni in questione debbono essere ritenute nulle e prive d’effetto.

Tuttavia, appare opportuno soffermarsi sulla lunga e travagliata storia delle fideiussioni in oggetto.

 

La nullità totale

Procedendo con ordine, occorre partire dal fatto che si parla di fideiussione affetta da nullità quando ci si riferisce ad una fideiussione contenente  le clausole n. 2, 6, e 8 del modulo ABI del 2003.

Le clausole in oggetto prevedono l’imposizione di condizioni non pattuite tra le parti e peggiorative delle previsioni codicistiche come, ad esempio, la reviviscenza della garanzia dopo l’estinzione del debito principale, la rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. primo comma (test: Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purche’ il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate) e l’estensione della garanzia agli obblighi di restituzione nel caso di invalidità del rapporto principale.

Considerato il fatto che queste clausole, sfavorevoli al garante, venivano imposte in maniera unitaria per ogni contratto (a dimostrazione di un accordo tra gli istituti di credito), la Banca d’Italia, all’epoca autorità indipendente del mercato bancario italiano, censurò gli articoli in commento disponendo, con il provvedimento 55 del 2005, testualmente che  “gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90”.

Più nel dettaglio, l’articolo 2[1] dispone la ‘reviviscenza’ della garanzia dopo l’estinzione del debito principale e impegna il fideiussore a tenere indenne la banca da vicende successive all’avvenuto adempimento, anche nell’ipotesi in cui il garante, confidando nell’intervenuta estinzione della garanzia a seguito del pagamento del debitore, abbia trascurato di tutelare le proprie ragioni di regresso nei confronti del medesimo debitore.

L’art. 6[2] della fideiussione in commento esonera la banca dal proporre e proseguire diligentemente le proprie istanze, nei confronti del debitore e del fideiussore, entro i termini previsti dall’art. 1957 c.c. che viene, infatti, derogato. Tale clausola, pertanto, arreca un significativo vantaggio alla banca creditrice, che in questo modo dispone di un termine molto lungo (coincidente con quello della prescrizione dei suoi diritti verso il garantito) per far valere la garanzia fideiussoria.

L’articolo 8 [3]  estende la garanzia del fideiussore anche agli obblighi di restituzione del debitore, derivanti dall’invalidità del rapporto principale. Tali obblighi sono ulteriori e diversi rispetto a quelli di garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte dal debitore in forza dei rapporti creditizi cui è relativa la fideiussione. Pertanto, una siffatta previsione non appare connaturata all’essenza del rapporto di garanzia e induce la banca, in sede di concessione del credito, a dedicare una minore attenzione alla validità o all’efficacia del rapporto instaurato con il debitore principale; essa, infatti, potrebbe comunque contare sulla permanenza dell’obbligazione di garanzia in capo al fideiussore omnibus al fine di ottenere il rimborso delle somme a qualsivoglia titolo erogate.

La tesi della nullità totale delle fideiussioni

 

Il motivo per il quale secondo alcuni la presenza delle clausole in oggetto condurrebbe alla nullità della fideiussione deriva dalla lettura combinata dell’art. 1418 c.c. e degli artt. 2 e 3 della legge n. 287/90.  L’articolo 1418 c.c. al comma primo, infatti, dispone che “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative”. Nella specie, la norma di ordine pubblico violata sarebbe rappresentata dall’articolo 2 della Legge Antitrust il quale vieta “le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza”. Più nel dettaglio, il contratto sarebbe nullo perché diretta conseguenza di un intesa vietata tra imprese e rappresenterebbe, dunque, l’immediato prodotto “a valle” di un intesa viziata “a monte”.

A supporto di quanto osservato si dice che l’articolo 3 della L.n. 287/1990 sanziona con la nullità le intese vietate, in qualsiasi forma esse si manifestino, dacché, essendo primario scopo della norma quello di evitare il prodursi degli effetti di tali alleanze, si dovrebbe procedere alla rimozione totale di ogni loro effetto giuridico. La medesima Corte di Legittimità, del resto, dapprima con ordinanza n.28910/2017 e più di recente con sentenza n. 21878 del 2019, ha chiarito che il mero dato della coincidenza delle condizioni contrattuali pattuite con quelle di cui al Modulo ABI è condizione necessaria e sufficiente per ritenere che l’invalidità dell’intesa “a monte” tra istituti di credito si estenda in via derivata al contratto di garanzia “a valle” stipulato tra la singola Banca e il singolo garante. L’intesa vietata produrrebbe, dunque, la nullità a cascata delle singole pattuizioni e dei singoli contratti senza che sia possibile servirsi del frutto dell’albero avvelenato, eliminando solo talune previsioni contrattuali.  Per la nullità totale della fideiussione così redatta si è espressa in ultimo la Cassazione civile, sez. III, 19 febbraio 2020, n. 4175 secondo la quale  “la legge antitrust 10 ottobre 1990, n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata”.

Va infatti “tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall’altro, che il cosiddetto contratto ‘a valle’ costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti”

Anche la più recente giurisprudenza di merito si è orientata verso la nullità totale della fideiussione redatta in conformità allo schema ABI del 2003 (ex pluribus: C.A. di Firenze 18 luglio 2018, Tribunale di Belluno, 31 gennaio 2019, Tribunale di Siena 14 maggio 2019, Corte di Appello di Bari 19 maggio 2020).

Così, tra i molti, il Tribunale di Salerno che, con sentenza del 12 ottobre 2020 (Giudice dott. Caputo), ha escluso la possibilità di una nullità parziale a causa della  “gravità delle violazioni in esame, – che incidono pesantemente sulla posizione del garante, aggravandola in modo significativo – rispetto ai superiori valori di solidarietà, muniti di rilevanza costituzionale (art. 2 Cost.), che permeano tutta l’impianto dei rapporti tra privati, dalla fase prenegoziale (art. 1137 c.c.) a quella esecutiva (artt. 1175, 1375 c.c.)”.

Secondo il Giudice salernitano la violazione della norma Antitrust “ben giustifica che sia sanzionato l’intero agire dei responsabili di quelle violazioni… nell’ottica di assicurare alla nullità la sua funzione “sanzionatoria“, in questo caso di comportamenti precontrattuali e contrattuali caratterizzati da contrarietà a buona fede ed ai canoni minimi di solidarietà sociale”.

Per tale motivo occorre “assicurare in questo caso la più grave forma di patologia del Contratto, la sua massima manifestazione, senza consentire che, in nome del principio di conservazione degli atti giuridici, possano essere salvaguardate le restanti pattuizioni o, addirittura, che si dia vita ad un’operazione “ortopedica” di sostituzione eteronoma di clausole ex articolo 1339 c.c. (o anche T. Salerno- Sentenza 480 del 5 febbraio 2020 Giudice Dott.ssa Valentina Ferrara).

Omologamente, il medesimo Tribunale di Salerno, con provvedimento del 23 agosto 2018 (sentenza n. 3016/2018 Sez. I Civile) osservava  “È nullo il contratto di fideiussione recante le clausole di sopravvivenza, di reviviscenza e rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c., proprie dello schema elaborato nel 2003 dall’Associazione Banche Italiane, ritenute dalla Banca d’Italia, con provvedimento n. 55 del 2/5/2005, contrarie all’art. 2 della L. n. 287 del 1990 …Ne consegue che l’art. 2, L. n. 287 citata, allorquando stabilisce la nullità delle intese, non ha inteso dare rilevanza esclusivamente all’eventuale negozio giuridico originario postosi all’origine della successiva sequenza comportamentale, ma a tutta la più complessiva situazione, anche successiva al negozio originario, la quale, in quanto tale, realizzi un ostacolo al gioco della concorrenza. Di talché, qualsiasi forma di distorsione della competizione di mercato, in qualunque forma essa venga posta in essere, costituisce comportamento rilevante per l’accertamento della violazione dell’art. 2 della normativa antitrust”.

La Corte d’Appello di Bari ha dichiarato la nullità totale dei dedotti contratti di fideiussione anche sulla base di un ulteriore motivo. Nel dettaglio, secondo la C.A. la nullità totale deriverebbe non solo dalla violazione di una norma imperativa ex art. 1418 c.c.  ma anche dalla comune volontà delle parti senza che possa operare il principio di conservazione del contratto. L’art. 1419 al comma primo prescrive, infatti, la nullità del contratto se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza la parte colpita dalla nullità.

In buona sostanza, considerato che la banca non avrebbe accettato la fideiussione in assenza delle previsioni censurate (come dimostrato dal fatto che nonostante le prescrizioni emanate dalla B.D. abbiano continuato a richiedere il rilascio di fideiussioni mediante i moduli contrattuali contenenti le clausole nulle) va escluso, che un contratto identico a quello stipulato, ma privo delle clausole nulle, sarebbe stato proposto dalla stessa (Corte d’Appello di Bari- Sentenza 19/05/2020, n. 730).

La fideiussione rilasciata prima del provvedimento della banca d’Italia

Tanto premesso circa la nullità totale delle fideiussioni in oggetto pare opportuno soffermarsi anche su una specifica ipotesi che, negli ultimi tempi, ha destato l’interesse della giurisprudenza di legittimità e di merito.

Abbiamo fin ora osservato che le fideiussioni redatte su schema Abi risultano nulle in quanto riproducono delle clausole che sono il frutto di un intesa vietata, come testimoniato dal provvedimento della B.I del 2005.

Or bene, spesso ci si chiede: cosa accade alla fideiussione, recante le clausole censurate, prestata prima che la Banca d’Italia censurasse il modello Abi del 2003?

È nulla anche se anteriore?

Il tema della nullità della fideiussione prestata anteriormente al 2005 va affrontato partendo da alcune precisazioni.

In primo luogo, va anteposto che la Banca d’Italia si era già espressa sulla inadeguatezza e illegittimità delle clausole in oggetto non solo con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 ma anche con il provvedimento n. 12 del 3 dicembre 1994.

Già con il primo provvedimento, la Banca d’Italia aveva ritenuto le cosiddette “norme bancarie uniformi” (NBU) in grado di falsare la concorrenza. In particolare, proprio le clausole ricorrenti in tema di prestazione delle garanzie bancarie furono ritenute “lesive della concorrenza”.  Per tali motivi, l’allora autorità garante, aveva ordinato all’ABI di modificare le norme bancarie uniformi data la presenza di clausole in contrasto con l’articolo 2 della legge n. 287 del 1990.  Quindi, applicando questo principio, sembra evidente che le considerazioni svolte dalla Banca d’Italia nelle due occasioni sopra ricordate non possano che produrre conseguenze anche sui contratti «a valle» precedenti al secondo provvedimento del 2005.

In termini giurisprudenziali, già nel 2017, con ordinanza n. 29810 del 12 dicembre, la Corte di Cassazione ha affermato la nullità della fideiussione redatta in conformità ad un’intesa restrittiva della concorrenza a prescindere dalla anteriorità del contratto rispetto all’accertamento dell’illiceità dell’intesa da parte dell’autorità preposta (all’epoca, la Banca d’Italia) ritenendo rilevante solo che l’intesa a “monte fosse antecedente rispetto alla negoziazione a “valle“”, di modo che l’illecito anticoncorrenziale travolgesse il negozio concluso in conformità allo stesso.

Secondo la Suprema Corte, dunque, se la fideiussione ha recepito le disposizioni del modello ABI censurato essa va dichiarata nulla, anche se al momento della sua sottoscrizione non era stato ancora emesso il provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005.  Pertanto, seguendo il ragionamento della Corte di Legittimità, ogni qual volta il contratto si rifaccia al suddetto schema ABI, malgrado anteriore al 2005, esso va dichiarato nullo.

Tali princìpi sono successivamente confluiti nella più recente sentenza n. 13846 del 22.5.19, secondo cui “ai fini dell’illecito concorrenziale di cui alla L. n. 287 del 1990, art. 2, rilevano tutti i contratti che costituiscano applicazione di intese illecite, anche se conclusi in epoca anteriore all’accertamento della loro illiceità da parte dell’autorità indipendente preposta alla regolazione di quel mercato“: ciò che conta è solo che gli “artt. 2, 6 e 8 … costituiscano lo sbocco dell’intesa vietata ovvero che, inserendo tali disposizioni nei contratti (a valle), si attuino gli effetti della condotta illecita”.

Ed ancora da Cass., 19 febbraio 2020 n. 4175, la quale ha affermato quanto segue:  in riferimento ai contratti “a valle” dell’intesa, l’accertamento dell’esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990, con stipulazione di contratti o negozi che costituiscano l’applicazione di quelle intese illecite concluse «a monte» (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative), comprende anche i contratti stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa illecita da parte dell’Autorità indipendente, preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato, a condizione che quell’intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza”;

Del medesimo tenore, il Tribunale di Milano a parere del quale occorre unicamente che “ la fideiussione omnibus prestata nel caso di specie sia stata modellata sullo schema di contratto predisposto dall’associazione di imprese con la finalità di aderire allo stesso e in tal modo escludere un ambito di differente negoziabilità (id est, un margine di concorrenzialità)…La coincidenza della clausola in contestazione con quella incriminata, in uno con la pari corrispondenza dell’intero testo contrattuale con il modulo A.B.I., giustificano una solida presunzione che la garanzia predisposta dall’istituto di credito e sottoposta alla sottoscrizione da parte dell’opponente fosse stata modellata recependo in chiave monolitica lo schema di categoria, in quanto concordato nell’interesse del sistema bancario, con esclusione di possibili differenti pattuizioni ad opera delle parti” (Sentenza n. 610/2020, del 23/01/2020).

Conclusioni

La lunga storia delle fideiussioni omnibus redatte su schema Abi non è ancora destinata a cessare del tutto. Da un lato, come si è detto, vi è chi sostiene che le stesse siano totalmente nulle e prive d’effetto, dall’altro una certa giurisprudenza sostiene che le solo singole clausole siano contrarie alla legge antitrust (tesi della nullità parziale).

Si è preferito propendere, come anticipato, per la tesi della nullità totale della fideiussione conforme allo schema ABI sulla base del fatto che la Legge Antitrust sanziona le intese, comunque poste in essere, con la nullità totale onde cui consentire la produzione di un effetto giuridico qualsiasi (come ritiene chi sostiene la tesi della nullità parziale) significherebbe eludere il chiaro significo del divieto.

Ad oggi, benché la Suprema Corte si sia espressa a più riprese sul tema, manca una decisione univoca del massimo consesso sulla gravità della nullità in commento, decisione che, stando alle forti opposizioni, risulterebbe oggi ancor più necessaria.

Avv. Daniele Giordano

(collaboratore dello studio d’Ambrosio Borselli per la sede di Napoli)

(Per sapere se il tuo contratto di fideiussione è legittimo o meno confrontalo con il modello Abi  che puoi scaricare cliccando Modello ABI fideiussione omnibus”)

Per maggiori informazioni circa la possibile nullità della fideiussione prestata legga La Cassazione 13846/2019 conferma la nullità delle fideiussioni omnibus redatte secondo lo schema Abi”

Per saperne di più sul pignoramento immobiliare in generale e sulle possibili opzioni a disposizione dei debitori in difficoltà per salvare il proprio immobile si legga anche l’articolo  Pignoramento immobiliare costi e tempi con tutte le modifiche aggiornate al 2020- Soluzioni per Salvare casa”

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Avv. Edgardo Diomede d’Ambrosio Borselli

Iscritto “all’Albo Avvocati di Napoli”

[1]Articolo 2: “Il fideiussore si impegna altresì a rimborsare alla Banca le somme che dalla Banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite in caso di nullità, annullamento, inefficacia o revoca ancorché stragiudiziale e/o in via transattiva dei pagamenti stessi o per qualsiasi altro motivo”

[2] Articolo 6 “i diritti derivanti alla Banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimo o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i termini previsti dall’art. 1957 c.c., che si intende derogato

[3] Articolo 8 “Nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione si intende fin d’ora estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate”

 

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