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Guida all’opposizione di terzo nel pignoramento immobiliare

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L’opposizione di terzo: termini, procedimento, giudizio di merito e reclamo al collegio.

Tra le opposizioni esperibili nel processo esecutivo figura l’opposizione di terzo all’esecuzione. Essa consente al terzo, estraneo alla procedura esecutiva e che pretenda di avere la proprietà del bene pignorato, di opporsi all’esecuzione. Presentando il rimedio in commento, risulta opportuno un breve confronto con le altre due opposizioni previste dal codice di rito agli art.615 e 617 c.p.c.

Difatti, a differenza dell’opposizione all’esecuzione prevista dall’art.615, tesa a contestare l’an della procedura esecutiva e dunque il diritto stesso posto alla base dell’esecuzione forzata, e parimenti, a differenza dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art.617, diretta a lamentarne il quomodo e la scorrettezza formale, l’opposizione di terzo è finalizzata ad ottenere la proprietà di un bene oggetto di pignoramento o il rispetto di altro diritto reale che il terzo pretenda avere sul bene staggito.

Pertanto, il terzo non contesta né il diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata, né il modo in cui l’esecuzione ha avuto corso, essendo interessato unicamente ad ottenere il “suo” bene (mobile/immobile) sul quale insiste erroneamente il vincolo pignoratizio o a far rispettare un suo diritto.

Del resto, secondo risalente ma incontestata giurisprudenza, nemmeno potrebbe contestare nient’altro, essendo unicamente “legittimato a far valere il proprio diritto reale sul bene oggetto dell’esecuzione forzata, ma non ad eccepire i vizi della relativa procedura ovvero ad impugnare la validità del titolo posto a base di essa (Cass.Civ. 10810/2000). Ciò di cui si duole il terzo, in particolare, è la non assoggettabilità del bene al pignoramento, in quanto non appartenente al debitore esecutato e di conseguenza, la sua illegittima sottoposizione alla procedura esecutiva.

Così, ad esempio, il terzo che si opponga all’esecuzione affinché non venga venduto il bene da lui usucapito non contesta nè la qualità dell’esecuzione, né la sua correttezza quanto unicamente la proprietà del bene pignorato.

Tanto chiarito circa lo scopo del rimedio, è necessario analizzare la normativa in commento al fine di capire il procedimento in esame.

Il procedimento

 

A mente dell’art. 619 c.p.c “Il terzo che pretende avere la proprieta’ o altro diritto reale sui beni pignorati puo’ proporre opposizione con ricorso al giudice dell’esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni. Il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a se’ e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. Se all’udienza le parti raggiungono un accordo il giudice ne da’ atto con ordinanza, adottando ogni altra decisione idonea ad assicurare, se del caso, la prosecuzione del processo esecutivo ovvero ad estinguere il processo, statuendo altresi’ in questo caso anche sulle spese; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell’articolo 616 tenuto conto della competenza per valore”.

L’opposizione di terzo all’esecuzione va proposta con ricorso al Giudice dell’esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni. Sebbene la norma sembri chiara circa il termine ultimo per la sua proposizione (prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione) occorre notare che l’art. 620 c.p.c acconsente espressamente alla possibilità di una domanda tardiva (Se in seguito all’opposizione il giudice non sospende la vendita dei beni mobili o se l’opposizione e’ proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata) dacché sorge il dubbio sull’intreccio così composto.

Per tali motivi, la Suprema Corte, rivedendo l’ambiguità sorta, ha chiarito che “il termine finale per proporre l’opposizione all’esecuzione da parte del terzo che pretenda di avere la proprietà dei beni pignorati è costituito non dal momento in cui si dispone la vendita o l’assegnazione (secondo il tenore letterale dell’art. 619, primo comma, cod. proc. civ.), bensì da quello in cui, con la realizzazione di tali atti, giunge a compimento l’intero iter espropriativo, onde l’opposizione è ammessa anche dopo l’aggiudicazione dell’immobile, fino a quando non sia intervenuto il decreto di trasferimento, rispetto al quale gli atti precedenti assumono funzione meramente preparatoria” (Cass.Civ. 8205/2013).

Dunque, secondo l’interpretazione fornita dalla S.C., il termine ultimo per la proposizione è rappresentato dall’emissione del decreto di trasferimento, motivo per il quale l’opposizione sarà esperibile anche dopo l’aggiudicazione dell’immobile e sicuramente in un momento di molto successivo rispetto all’ordinanza di vendita. Così ampliata l’operatività dell’art. 619 c.p.c, possiamo adesso tornare a costruirne gli aspetti fondamentali.

L’opposizione, inserendosi in una procedura già pendente, non prevede il pagamento del contributo unificato. Una volta depositata presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione, sarà il G.E. a fissare con decreto l’udienza di comparizione delle parti, onerando l’opponente di notificare l’opposizione e il decreto alle altre parti entro un termine perentorio.

All’udienza di comparizione delle parti, descritta dall’art.619 c.p.c., si aprono una serie di possibilità. Il codice, in primis, fa salva la possibilità che “le parti raggiungono un accordo”. Questa prima possibilità è forse statisticamente più probabile nelle opposizioni avverso l’esecuzione mobiliare, in cui, data la presunzione che gli oggetti presenti nel luogo ove la stessa viene eseguita siano del debitore, ben potrebbe capitare che un terzo abbia “dimenticato” un suo bene e ne rivendichi la proprietà. Dacché potrebbe darsi che, considerato il totale dei beni pignorati, per sottrarne una parte possa bastare un semplice accordo. Ben più difficile è che si addivenga ad un accordo allorquando il terzo rivendichi la proprietà di un bene immobile, unico cespite alla base della procedura esecutiva immobiliare. Ciò detto, qualora le parti trovino un accordo il giudice ne darà atto con ordinanza, disponendo, qualora residuino beni, le misure necessarie per la prosecuzione della procedura. Quando invece l’accordo riguardi la totalità dei beni oggetto della procedura o l’unico bene immobile, il giudice estinguerà il processo “statuendo anche sulle spese”.

A tal punto è opportuno precisare che, essendo scopo della nostra analisi proprio l’opposizione di terzo nell’esecuzione immobiliare, vanno sgomberate altresì dal campo quelle disposizioni che esulano dalla normativa pertinente. Così come non pertinente risulta essere l’art. 621 circa i limiti della prova testimoniale, applicabile unicamente qualora vi siano “beni mobili pignorati”, e dunque alla sola esecuzione mobiliare.

Tornando al procedimento, qualora un accordo non dovesse esserci, il G.E. provvederà “ai sensi dell’art.616 c.p.c.”, ossia fissando con ordinanza “un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’articolo 163-bis, o altri se previsti, ridotti della metà”.

 

La struttura bifasica delle opposizioni

Prima di parlare del giudizio di merito sorto dall’opposizione del terzo, è opportuno fare una precisazione. L’opposizione appena descritta contiene ragionevolmente l’istanza di sospensione della procedura esecutiva immobiliare. Pertanto, il Giudice, chiamato a prendere una decisione sul tema, potrebbe sia disporre la sospensione, ricorrendo i gravi motivi di cui all’art.624 c.p.c., consistenti nella sussistenza del fumus bonis iuris ed il periculum in mora, eventualmente anche con decreto inaudita altera parte prima della celebrazione dell’udienza, sia non disporla. Tale meccanismo non è privo di effetti. Difatti, quando il giudice conceda la sospensione della procedura esecutiva, sarà tutto interesse della parte creditrice introdurre il giudizio di merito o reclamare ex art.669 terdecies l’ordinanza del G.E. per evitare che gli effetti della sospensione si stabilizzino.

Ai sensi dell’art.624 c.p.c., infatti, se l’ordinanza (sospensiva) non viene reclamata o viene confermata in sede di reclamo, e il giudizio di merito non è stato introdotto nel termine perentorio assegnato ai sensi dell’articolo 616, il giudice dell’esecuzione dichiara, anche d’ufficio, con ordinanza, l’estinzione del processo”. Viceversa, quando la richiesta di sospensione sia rigettata, sarà interesse del terzo opponente introdurre il giudizio di merito (e/o reclamare l’ordinanza) affinché il “suo” bene non venga venduto. Insomma, la fase incidentale, sommaria e cautelare in seno alla procedura esecutiva, finalizzata a fermare la procedura prima che sia “troppo tardi”, precede sempre l’eventuale fase del giudizio di merito, tesa a dimostrare la fondatezza o meno del diritto vantato e nè potrebbe dirsi altrimenti. Pertanto, l’eventuale giudizio di merito introdotto senza che vi sia stata prima l’opposizione nella procedura esecutiva immobiliare deve ritenersi improcedibile, mancando per la sua corretta instaurazione un requisito a ciò necessario (cd. “Struttura bifasica necessaria” cfr. Cass.Civ.25170/2018)

Tanto precisato, che la sospensione sia disposta o meno, la parte che ne ha interesse potrà fare reclamo al collegio ex art.669 terdecies e/o introdurre il giudizio di merito per vedere le proprie ragioni esaminate in un giudizio a cognizione ordinaria.

Il Giudizio di merito

Il Giudizio di merito nascente dall’opposizione ex art. 619 segue c.p.c. le orme del giudizio di merito previsto per l’opposizione all’esecuzione in virtù del richiamo operato all’art.616 c.p.c.

Per la sua introduzione è previsto il versamento del contributo unificato, secondo il valore della domanda, trattandosi di una azione che introduce un normale ed ordinario processo di cognizione. Legittimati passivi del giudizio instaurato saranno il creditore e il debitore della procedura esecutiva. A tal fine sarà onere del terzo opponente dimostrare la proprietà del bene oggetto di esecuzione e, parimenti, onere del creditore che eccepisce la carenza del suo diritto dimostrare fatti impeditivi, modificativi ed estintivi. E’ interessante analizzare il risultato del giudizio di merito e l’utilità della sua conclusione. Benché sia pacifica l’estinzione della procedura esecutiva immobiliare quando venga accertata la proprietà del bene pignorato in capo al terzo opponente, e omologamente, la sua prosecuzione nel caso di sentenza di rigetto, ci chiediamo che portata abbia la sentenza in commento.

Quello che ci stiamo chiedendo, in buona sostanza, è se la sentenza ottenuta dal terzo, che dimostri la sua proprietà in luogo di quella del debitore esecutato, sia spendibile solo per quella procedura o indipendentemente da essa.

Per esempio, il terzo ottiene una sentenza che accerta l’avvenuta usucapione. Questa sentenza sarà opponibile al solo creditore procedente quando costui ri-tenti di assoggettare il bene ad esecuzione o alla totalità dei pretendenti del bene nel prossimo futuro?

Secondo alcuni la sentenza emessa al termine del giudizio di merito che dia ragione al terzo opponente, chiarisce non solo la non assoggettabilità ad esecuzione del bene “estraneo” ma altresì la proprietà del terzo, divenendo, nei fatti, un accertamento liberamente spendibile. Ciò viene detto in quanto il giudizio a cognizione ordinaria, alla necessaria presenza del debitore, è sufficiente affinché il diritto controverso emerga in maniera non dissimile da quanto accadrebbe normalmente per il suo accertamento. Secondo altri, invece, complice il limite alla prova testimoniale dell’art.621, l’accertamento concernerebbe unicamente la non assoggettabilità del bene alla procedura esecutiva pendente.

Ad ogni modo, la sentenza emessa al termine del giudizio di merito sarà appellabile, essendo stato eliminato dalla legge n.69/2009 l’ultimo comma dell’art.616 c.p.c. che prevedeva la non impugnabilità della sentenza in commento, e ricorribile ex art.111 cost.

Il reclamo al collegio

Abbiamo adesso chiarito la possibilità, a cura della parte interessata, di introdurre il giudizio di merito nel termine indicato dall’ordinanza del G.E., per evitare che gli effetti della sospensione vengano a stabilizzarsi ex art.624 (per il creditore) o che la mancata sospensione faccia sì che il bene venga venduto (per il terzo, in questo caso). Purtuttavia, un altro rimedio esperibile avverso la decisione del giudice dell’esecuzione con la quale costui neghi o disponga la sospensione è rappresentato dal reclamo al collegio. Il reclamo al collegio può essere concorrente con l’introduzione del giudizio di merito, motivo per il quale l’uno non esclude l’altro. Del resto, se l’introduzione del giudizio di merito apre la fase a cognizione ordinaria, il reclamo al collegio rappresenta il “secondo grado di giudizio” di quella fase cautelare.

Ai sensi dell’art.669 terdecies è ammesso reclamo contro l’ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare entro 15 giorni “ dalla pronuncia in udienza o dalla comunicazione o notifica se anteriore”. Del collegio non potrà far parte il giudice dell’esecuzione che ha emesso il provvedimento reclamato. Il procedimento camerale prevede un’udienza alla presenza delle parti destinata a confermare, revocare o modificare il provvedimento reclamato. Benché il reclamo non sospenda automaticamente la procedura esecutiva, già prima dell’udienza e con il decreto di fissazione di quest’ultima il collegio può disporre la sospensione inaudita altera parte della procedura sottostante.

Inoltre, con il reclamo emerge la possibilità, prevista dall’art. 624 c.p.c, che qualora la sospensione” viene confermata in sede di reclamo, e il giudizio di merito non è stato introdotto nel termine perentorio assegnato ai sensi dell’articolo 616, il giudice dell’esecuzione dichiara, anche d’ufficio, con ordinanza, l’estinzione del processo”. Per tale motivo, qualora sia stato esperito solo il suddetto reclamo e questi confermi la sospensione, in mancanza dell’introduzione del giudizio di merito, il giudice dichiarerà l’estinzione della procedura esecutiva immobiliare. Purtuttavia per il terzo questo risultato, pur se favorevole, potrebbe risultare poco soddisfacente. L’estinzione, infatti, non comporta di per sé il riconoscimento del suo diritto sulla cosa, né il fatto che il “suo” bene non venga assoggettato nuovamente alla procedura immobiliare estinta in un prossimo futuro. Quindi benché il reclamo possa, in alcuni casi, risultare efficiente v’è da dire che sicuramente il terzo verrebbe più tutelato dalla sentenza che definisce il giudizio di merito accertando la sua proprietà in luogo di quella del debitore esecutato.

Avv. Daniele Giordano

(collaboratore dello Studio d’Ambrosio Borselli presso la sede di Napoli)

Chi volesse approfondire l’argomento delle opposizioni esecutive legga gli articoli  “Guida all’Opposizione a precetto: termini, competenza e forma” , “Guida all’Opposizione al pignoramento immobiliare: competenza, forma e termini della fase cautelare” e    “Opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi: costi, tempi e forme

Per saperne di più sul pignoramento immobiliare in generale e sulle possibili opzioni a disposizione dei debitori in difficoltà per salvare il proprio immobile si legga anche  gli articoli “Opposizione all’esecuzione e tutela del diritto all’abitazione” ,  Pignoramento immobiliare costi e tempi con tutte le modifiche aggiornate al 2020- Soluzioni per Salvare casa”

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Avv. Edgardo Diomede d’Ambrosio Borselli

Iscritto “all’Albo Avvocati di Napoli”

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