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Procedure di esdebitazione e pignoramento immobiliare

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Nuove procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento: Guida ad una corretta presentazione dell’istanza in pendenza di esecuzione forzata

Nell’ambito delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dal nostro ordinamento, per “esdebitazione” si intende la liberazione del debitore in difficoltà economica dai propri debiti nei confronti dei creditori, che saranno soddisfatti (in tutto o in parte) in base alle capacità economiche del primo.

L’esdebitazione, quindi, consiste in un beneficio cui può aspirare il soggetto debitore (su apposita richiesta) che si trova in gravi difficoltà economiche tali da non renderlo in grado di far fronte spontaneamente al pagamento dei propri debiti.

Il nostro ordinamento prevede tre diverse procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, che, ad oggi, sono regolate dal d.lgs. 14/2019 – il nuovo codice della crisi e dell’insolvenza (entrato in vigore nel 15 luglio 2022, già anticipato dalla l. n. 176/2020 che ha modificato la l. n. 3/2012):

  1. piano del consumatore (oggi “ristrutturazione dei debiti del consumatore” ex artt. 67 e seguenti CCII);
  2. accordo con i creditori (oggi “concordato minore” ex artt. 74 e seguenti CCII);
  3. liquidazione del patrimonio (oggi “liquidazione controllata”, ex artt. 268 e seguenti del CCII)

In linea generale, dette procedure si avviano con la presentazione da parte del debitore/richiedente di una apposita istanza presso l’Organo per la composizione della crisi da sovraindebitamento (OCC), ente ad esso preposto.

L’OCC sarà tenuto alla valutazione della idoneità della istanza rispetto ai presupposti di legge, a seconda di quando proposto dal debitore, sia esso un accordo di composizione della crisi con i creditori (concordato minore), piuttosto che una proposta di un piano di ristrutturazione del debito del consumatore o ancora una richiesta di liquidazione controllata.

Le procedure di composizione della crisi sono considerate dallo stesso legislatore un ottimo strumento di tutela del patrimonio del debitore – che, se adottato nei modi e tempi giusti, può permettere addirittura di evitare l’esecuzione forzata sugli immobili di sua proprietà e quindi salvare la propria abitazione – e, allo stesso tempo, un’ottima forma di garanzia di soddisfacimento (seppur non integrale) della massa dei creditori.

A riprova di quanto detto, basta dare una lettura all’art. 480, 2 comma cpc.

In tema di precetto, infatti, quale atto prodromico al pignoramento, a seguito della riforma operata con il d.l. n. 83/2015, all’art. 13, questo deve obbligatoriamente contenere “l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento, concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore”.

Sul punto, infatti, va detto che le ipotesi di concorso delle procedure, da un lato quelle di composizione della crisi da sovraindebitamento e dall’altro quelle esecutive (eventualmente già) in corso, sono divenute assai frequenti, oltre che, come visto, incoraggiate proprio dal nostro ordinamento.

Questo proprio perché, in caso di successo, le procedure di composizione della crisi possono elevarsi a strumento idoneo per il debitore, non soltanto per veder alleggerita la propria posizione debitoria, ma anche – e soprattutto – per rallentare una procedura esecutiva in corso o addirittura per “salvare” dalla vendita forzata l’immobile pignorato, che è senz’altro la principale aspirazione di ciascun esecutato.

Tuttavia, i rapporti tra la procedura esecutiva e quella di sovraindebitamento (che si articolano in modo diverso in base al tipo di procedura scelta dal debitore) vanno delineati con precisione, soprattutto a seconda che il debitore faccia richiesta di accesso ad una delle tre procedure previste in uno stato più o meno avanzato della procedura esecutiva pendente nei suoi confronti.

Piano del consumatore, oggi ristrutturazione dei debiti del consumatore.

La ristrutturazione dei debiti del consumatore, nella pratica, consiste in una proposta di risanamento del debito redatta dal consumatore indebitato (ossia colui che si trova in una difficoltà economica tale da non poter adempiere spontaneamente alle obbligazioni assunte) con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi (OCC).

Ai sensi della nuova normativa, la proposta che deve essere presentata ai creditori ha contenuto libero e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale e differenziato, dei crediti in qualsiasi forma. (art. 67 CCII)

La domanda deve essere presentata presso il Tribunale competente (ossia il Tribunale del circondario ove ha residenza il debitore richiedente), e deve indicare in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento. (Per approfondimenti si legga “Piano del Consumatore e pignoramento: l 14/19 procedura, durata”)

Oggi, quando il debitore consumatore promuove la procedura di ristrutturazione dei debiti ed è anche soggetto ad una procedura esecutiva, può richiedere la sospensione di quest’ultima contestualmente alla presentazione della proposta.

La sospensione non opera automaticamente, come nel caso dell’apertura della liquidazione controllata, come avremmo modo di vedere, ma su apposita istanza del debitore/richiedente e successivo accoglimento da parte del giudice.

L’art. 70, comma 4 CCII recita a tal proposito “Con il decreto di cui al comma 1, il giudice, su istanza del debitore, può disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano. Il giudice, su istanza del debitore, può altresì disporre il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore nonchè le altre misure idonee a conservare l’integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento”.

Nel procedimento di ristrutturazione dei debiti, quindi (a differenza di quanto accadeva in passato con la legge n. 3/2012), è previsto che il giudice, una volta valutato il piano, possa sospendere l’eventuale procedura esecutiva in corso, su apposita richiesta del debitore, quando ritiene che questa possa pregiudicare la fattibilità del piano stesso, inoltre al fine di conservare l’integrità del patrimonio del debitore, sempre su istanza di questi, può stabilire un generale divieto di azioni esecutive e cautelari “fino alla conclusione del procedimento”.

Proposta di accordo, oggi concordato minore

Il concordato minore consiste, invece, nella proposta di superamento della crisi da sovraindebitamento presentata dal debitore (a mente dell’art. 2, comma 1, lett. c) CCII inteso come consumatore, professionista, imprenditore minore, imprenditore agricolo, start-up innovative di cui la l. n. 221/2012, e ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza) ai creditori mediante il soddisfacimento degli stessi anche parziale, in qualsiasi forma, purché consenta la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale del medesimo debitore.

Nell’ipotesi, ammessa, in cui, invece, il debitore non preveda la prosecuzione della propria attività, allora la proposta di risanamento dovrà necessariamente prevedere un apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori. (artt. 74 e ss CCII)

La proposta, di regola, ha contenuto libero, ma deve indicare in modo specifico tempi e modalità di soddisfacimento dei creditori, nonché la eventuale suddivisione dei creditori in classi (che invece è obbligatoria per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi).

La proposta di concordato minore va presentata presso il Tribunale competente e deve essere approvato dai creditori del richiedente nella misura indicata ai sensi dell’art. 79, comma 1 CCII (rubricato “Maggioranza per l’approvazione del concordato minore” che recita “1. Il concordato minore e’ approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Quando un unico creditore e’ titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, il concordato minore e’ approvato se, oltre alla maggioranza di cui al periodo precedente, ha riportato la maggioranza per teste dei voti espressi dai creditori ammessi al voto. Quando sono previste diverse classi di creditori, il concordato minore e’ approvato se la maggioranza dei crediti ammessi al voto e’ raggiunta anche nel maggior numero di classi. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento, non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione. I creditori soddisfatti parzialmente ai sensi dell’articolo 74, comma 3, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito.”)

Il concordato minore si discosta dalla normativa in materia di concordato preventivo (per cui dalla data del deposito del ricorso, anche nell’ipotesi di concordato in bianco, e fino al passaggio in giudicato del decreto di omologa è inibito l’inizio o la prosecuzione delle procedure esecutive individuali sul patrimonio del debitore), siccome il semplice deposito della proposta di concordato minore (accordo con i creditori), è inidoneo a determinare la sospensione delle azioni esecutive già in corso.

L’effetto sospensivo automatico, quindi, manca (analogamente alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore) slittando al momento di apertura della procedura, disposta con decreto.

L’art. 78, comma 2, lett. d) CCII, infatti, recita “[il giudice] su istanza del debitore, dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore”. (a differenza di quanto accedeva in passato con la l. n. 3/2012, ove la sospensione delle procedure esecutive prefigurata da questa norma era automatica, nel senso che non occorreva un’esplicita istanza del debitore in tal senso)

Nel procedimento di concordato minore, quindi, gli atti esecutivi compiuti in procedure esecutive azionate dopo l’apertura della procedura di accordo possono essere dichiarati nulli, mentre, per quelli azionati in data antecedente l’emissione del decreto di apertura non è previsto l’effetto di nullità dell’atto ma solo la generale sospensione della procedura esecutiva in corso.

Ciò comporta che in mancanza di omologazione della procedura o di revoca della stessa, tutti gli atti esecutivi eventualmente compiuti, per i quali la legge commina la nullità, restano improduttivi di effetti, mentre le procedure eventualmente sospese potranno essere riassunte dalla parte interessata (come avremmo modo di vedere in seguito).

Con riferimento ai beni sui quali opera il divieto in esame, come è dato leggere dalla norma in commento, questo si estende di regola a tutti i beni del debitore, inclusi quelli non ricompresi nell’ambito dall’accordo, al fine di preservare e conservare integro l’intero patrimonio del debitore – anche in vista di un possibile insuccesso della procedura – e al fine di garantire la parità di trattamento tra tutti i creditori (a differenza dell’ipotesi della procedura di ristrutturazione dei debiti, ove la sospensione richiesta in prima battuta, come abbiamo visto, riguarda solo procedure esecutive che possano pregiudicare la fattibilità del debitore)

La liquidazione del patrimonio, oggi liquidazione controllata

La liquidazione controllata, da ultimo, consiste della domanda del debitore, da depositarsi presso il Tribunale competente, di liquidazione (spontanea o meglio su sua iniziativa) dei propri beni, ai sensi degli artt. 268 e ss CCII.

Il debitore in stato di sovraindebitamento, infatti, può domandare l’apertura di una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni e per esso, la domanda può essere presentata anche da un creditore (a determinate condizioni), anche in pendenza di procedure esecutive individuali, quando il debitore è in stato di insolvenza.

Il Tribunale dichiara l’apertura della procedura della liquidazione controllata con sentenza.

Con la sentenza con la quale il Tribunale provvede sulla domanda di liquidazione controllata, viene altresì: nominato il giudice delegato; nominato il liquidatore della procedura; ordinata la pubblicazione della sentenza sul sito internet del Tribunale o del Ministero della Giustizia; ordinato al debitore l’integrazione della documentazione fiscale e contabile necessaria; ordinata la trascrizione della sentenza sui registri immobiliari, quando vi sono beni immobili o beni mobili registrati; ed assegnato ai terzi creditori un termine non superiore a 60 giorni per la presentazione delle domande di restituzione, di rivendicazione o di ammissione al passivo della procedura aperta.

A differenza dell’accordo e del piano del consumatore, la liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio) più è assimilabile all’impianto del fallimento, soprattutto in seguito all’entrata in vigore del nuovo codice della crisi.

Del resto, entrambe le procedure comportano lo spossessamento del debitore, il cui patrimonio è liquidato da un apposito organo per soddisfare tutti i suoi creditori.

Per quanto qui di interesse, nella procedura di liquidazione il divieto di azioni esecutive individuali opera in automatico.

L’art. 270 comma 5, contiene infatti un esplicito rinvio all’art. 150 in tema di liquidazione giudiziale, a mente del quale “salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante la liquidazione giudiziale, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura”.

Dalla sentenza di dichiarazione di apertura della procedura, quindi, opera automaticamente un generale divieto per cui non può essere promossa o proseguita alcuna azione esecutiva o cautelare.

Ragion per cui una procedura esecutiva, eventualmente, in corso, quando ha ad oggetto beni compresi della procedura di liquidazione approvata dal Tribunale non può proseguire; e allo stesso modo, alcuna procedura esecutiva, sempre sui medesimi beni, può essere promossa ai danni del debitore.

Gli effetti della sospensione

  1. La procedura esecutiva

Come detto, quando il debitore fa richiesta di accesso ad una delle tre procedure di sovraindebitamento, in pendenza di una procedura esecutiva immobiliare promossa nei suoi confronti, uno dei primi vantaggi che ottiene è quello di vedersi sospesa la procedura. (Per approfondimenti si legga “Il piano del consumatore per bloccare il pignoramento immobiliare” e “Casa all’asta: Omologato Piano del consumatore di 7 anni”).

La sospensione, tuttavia, opera in modo diverso a seconda della procedura prescelta dal debitore esecutato.

Tirando le somme, quindi, al momento dell’apertura della procedura di liquidazione controllata del patrimonio (analogamente a quanto si verifica con la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale), l’eventuale esecuzione pendente a danno del debitore, sugli immobili compresi nella procedura di liquidazione, diviene automaticamente “improseguibile”.

Quando, invece, il debitore sceglie di seguire la strada del concordato minore (accordo con i creditori) o della ristrutturazione dei debiti del consumatore (piano del consumatore), allora l’eventuale procedura esecutiva in corso viene sospesa previa istanza del debitore/richiedente.

Tuttavia, in ordine alla pendenza di procedure esecutive immobiliari, vi è una enorme differenza tra queste ultime due procedure.

Nel concordato minore, infatti, il giudice, su semplice istanza del debitore, dispone la sospensione di qualsiasi azione esecutiva in corso sul patrimonio del debitore.

Nella ristrutturazione dei debiti, invece, su istanza del debitore il giudice dispone la sospensione dell’esecuzione forzata solo quando ritiene che la prosecuzione della stessa possa pregiudicare la fattibilità del piano.

Ora, quando il giudice del sovraindebitamento dispone della sospensione delle procedure esecutive in corso, nelle forme e modalità di cui sopra, il giudice dell’esecuzione provvede ai sensi dell’art. 623 c.p.c. (art. 623 cpc “…l’esecuzione forzata non può essere sospesa che con provvedimento del giudice dell’esecuzione”) (Per approfondimenti si legga “Il Tribunale di Nola sospende l’esecuzione immobiliare bloccando l’asta già fissata a seguito dell’introduzione del Piano del Consumatore!!!”, l’articolo in questione riguarda il caso in cui il Tribunale di Nola sospendeva la procedura esecutiva, in particolare 20 giorni prima della data fissata per l’asta, a seguito del decreto del Giudice designato per l’omologazione della proposta del piano del consumatore. Il GE in detta occasione ribadiva il principio per cui in capo allo stesso non residuava alcun potere discrezionale a fronte della sospensione disposta dal GD; ed anche “Omologato piano del consumatore in corso di pignoramento immobiliare”)

Nella pratica, la parte interessata dovrà depositare il provvedimento del giudice del sovraindebitamento nel fascicolo della esecuzione (quindi la sentenza dichiarativa di apertura della liquidazione controllata oppure il decreto con cui provvede nelle procedure di concordato minore o ristrutturazione dei debiti) ed il G.E. provvede.

Opera, in tali casi, l’art. 626 c.p.c., a mente del quale “quando il processo è sospeso, nessun atto esecutivo può essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione”.

È chiaro che a seconda che il debitore faccia richiesta di accesso ad una delle tre procedure previste in uno stato più o meno avanzato della procedura esecutiva pendente nei suoi confronti, si delineeranno diversi scenari.

Sicuramente il giudice dell’esecuzione non potrà adottare alcun altro provvedimento, se non quello di sospensione della procedura, quindi non potrà disporre con ordinanza la vendita ex art. 569 c.p.c., anche se, chiaramente, rimarranno validi gli atti esecutivi già compiuti, come il pignoramento.

Di contro, nell’ipotesi in cui la procedura di sovraindebitamento sia stata promossa in tempi strettissimi, e quindi già in occasione della notifica del precetto al debitore (ipotesi in cui il debitore ha seguito il “consiglio” del legislatore ex art. 480, II co. cpc) ed il creditore procedente non abbia ancora iscritto a ruolo il pignoramento da poco notificato, si ritiene che questi, nonostante la sospensione della procedura, possa/debba iscrivere a ruolo il pignoramento notificato.

L’esecuzione, infatti, inizia con il pignoramento (art. 491 cpc), quindi al momento della notifica l’esecuzione è pendente e può essere sospesa. Nel caso in cui la sospensione sia disposta prima della iscrizione a ruolo del pignoramento, seppur nessuna attività può essere proseguita, considerato che l’iscrizione a ruolo avrebbe solo una funzione meramente processuale, siccome gli effetti sostanziali del pignoramento si sono già prodotti al momento della notifica del corrispondente atto, questa senz’altro deve essere eseguita.

Negare al creditore di poter iscrivere il pignoramento a ruolo significherebbe, infatti, indirettamente far perdere di efficacia il pignoramento stesso, secondo le regole all’uopo previste dall’ordinamento (es. art. 555 cpc; art. 567 cpc)

Invece, nelle ipotesi in cui il debitore abbia promosso la procedura di sovraindebitamento in un momento successivo allora si ritiene che non viene meno, nelle ipotesi di sospensione, la custodia del compendio pignorato, in ragione del fatto che anche se sospeso, permane il vincolo di indisponibilità del bene determinato dal pignoramento, ed allo stesso modo resta la necessità di garantire e vigilare sulla conservazione dello stesso.

Quanto, invece, alle operazioni di attuazione dell’ordine di liberazione ex art. 560 cpc, seppur controverso, dottrina maggioritaria ritiene in linea di massima che, essendo la liberazione intimamente connessa alla custodia del bene (che sopravvive alla sospensione della procedura), questa non si arresti. Tuttavia, è opinione condivisa dallo scrivente che, in una siffatta ipotesi non si potrà certamente prescindere da una valutazione (seppur discrezionale) del G.E., da compiersi caso per caso.

  1. L’aggiudicazione

L’importanza per il debitore di accedere ad una delle procedure di composizione della crisi in tempi rapidi o comunque in uno stato iniziale della procedura esecutiva promossa nei suoi confronti è giustificata dal fatto che può (frequentemente) verificarsi la malaugurata ipotesi in cui la sospensione della procedura esecutiva venga disposta quando l’immobile pignorato è già (o appena) stato aggiudicato.

Questi sono i casi in cui il debitore accede alla procedura di sovraindebitamento in una fase avanzatissima della procedura esecutiva già pendente.

Allora, in questi casi, dobbiamo chiederci chi debba essere tutelato, se il debitore esecutato o l’aggiudicatario.

Seppur il legislatore privilegi l’adozione delle procedure di sovraindebitamento a quelle esecutive individuali, che se in corso debbono essere sospesi nell’interesse della massa dei creditori e non solo di pochi, anche al fine di garantire che il bene pignorato sia utilmente e proficuamente inserito nella proposta o nel piano, in ogni caso debbono essere, allo stesso tempo, rispettati anche altri parametri codicistici.

Sul punto, è chiaro che non sempre si pone questo problema, basti pensare all’ipotesi in cui l’immobile pignorato è stato aggiudicato, ma anche nella proposta o nel piano ne era prevista la liquidazione. In questo caso, infatti, la questione non avrebbe ragion d’essere siccome la tutela dell’aggiudicatario non impedisce il perseguimento delle finalità della procedura di composizione della crisi a vantaggio dei creditori.

Diverso, invece (e molto più frequente), è il caso in cui il debitore promuove una delle procedure di composizione della crisi proprio al fine di salvare la propria abitazione, nel frattempo aggiudicata.

Ebbene, seppur questa sia la finalità ultima di ciascun debitore, in caso di aggiudicazione, questa resta ferma e non viene quindi travolta dal provvedimento di sospensione emesso dal giudice del sovraindebitamento, che quindi viene svuotato di contenuto.

In tema di aggiudicazione, infatti, già vige l’art. 629 cpc per cui il processo si estingue solo quando la rinuncia interviene prima dell’aggiudicazione (quindi se intervenuta dopo non è suscettibile di travolgerla) ed ancora, l’art. 632 cpc che prevede che se l’estinzione interviene dopo l’aggiudicazione quest’ultima non viene pregiudicata, ed il prezzo ricavato dalla vendita viene restituito al debitore, e poi l’art. 187-bis disp. att. c.p.c. che recita “In ogni caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo avvenuta dopo l’aggiudicazione, anche provvisoria, o l’assegnazione, restano fermi nei confronti dei terzi aggiudicatari o assegnatari, in forza dell’articolo 632, secondo comma, del codice, gli effetti di tali atti.”

Sulla scorta di queste disposizioni da applicarsi analogicamente alle ipotesi di sospensione della procedura esecutiva su provvedimento del giudice del sovraindebitamento, alcuni ritengono quindi che, una volta aggiudicato il bene pignorato all’asta, l’aggiudicazione resti valida e non subisca pregiudizi o condizionamenti dalla procedura di sovraindebitamento (a meno che non ci siano state irregolarità nella fase della vendita o della stessa procedura da sovraindebitamento) nelle more introdotta dal debitore, in tempi senz’altro troppo dilatati.

L’aggiudicazione, quindi, e l’aggiudicatario sono spesso salvaguardati, sebbene ciò sia a volte anche moralmente discutibile in funzione della frequente posizione speculativa di molti aggiudicatari.

Questa è impostazione parzialmente condivisa dalla giurisprudenza, soprattutto per il timore che lo strumento tanto valorizzato dal legislatore e di base senz’altro utilissimo per il debitore, si trasformi in uno strumento esclusivamente dilatatorio della procedura esecutiva, cosa che pure può talvolta avvenire laddove il debitore sia seguito da mani esperte che sappiano incidere nel rapporto complesso tra procedura esecutiva e sovraindebitamento.

Segue. La ripresa del procedimento esecutivo.

Nel caso di cessazione della procedura, il creditore procedente o altro intervenuto munito di titolo esecutivo è legittimato alla riassunzione della procedura esecutiva eventualmente sospesa.

Si ritine che operi in questi casi la disposizione di cui all’art. 627 cpc (rubricato “Riassunzione”, che recita “Il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione e, in ogni caso, non più tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che rigetta l’opposizione”).

Avv. Biancamaria Leone de Pertis

(collaboratrice dello Studio D’Ambrosio Borselli per la Sede di Napoli)

Per conoscere tutte le modifiche introdotte dalla L.n. 176 del 2020 (anticipatoria del nuovo codice della crisi) alla L.n. 3 del 2012 si legga “Approvato il nuovo sovraindebitamento o anche

Guida alla riforma del sovraindebitamento: il merito creditizio

Per approfondire l’eccezionale risultato ottenuto dallo studio che, tra le altre, ha recentemente ottenuto l’omologa di un piano del consumatore proposto in corso di pignoramento, salvando in tal modo la casa del debitore, con il pagamento del solo 37% del mutuo originariamente dovuto in 7 anni da parte sua si legga “Omologato piano del consumatore in corso di pignoramento immobiliare”

Per saperne di più sul piano e su come utilizzarlo per salvare l’immobile pignorato si legga anche  “Il piano del consumatore per bloccare il pignoramento immobiliare e salvare casa

Per approfondire i costi e i tempi delle tre Procedure di Composizione della Crisi da Sovraindebitamento si legga Sovraindebitamento: tempi e costi delle tre procedure”

Per approfondire il tema del reclamo al collegio esperibile avverso il rigetto del piano si legga “Reclamo al collegio avverso rigetto del Piano del consumatore: termini, costi, poteri del Collegio, in particolare sulla sospensione della procedura esecutiva immobiliare pendente, con provvedimento di sospensione e modello di reclamo”

Se vuoi leggere dello straordinario risultato ottenuto dallo Studio d’Ambrosio Borselli in Cassazione (6083 /2023) relativamente alla irregolarità di tutte le Aste tenutesi per anni a Brescia e soprattutto alle conseguenze del mancato rispetto della normativa sulla vendita che può finalmente portare,  ad opporre direttamente il decreto di trasferimento  (ex art 617 cpc)  ottenendone l’annullamento addirittura senza alcun danno dimostrato dal debitore leggi “Per la Cassazione irregolari le aste bandite a Brescia fino al 2016”

Per saperne di più sulle possibili sospensioni del pignoramento immobiliare si legga l’articolo “Fideiussioni nulle e sospensione pignoramento immobiliare”.

Per saperne di più sul pignoramento immobiliare e sulle possibili opzioni a disposizione dei debitori in difficoltà per salvare il proprio immobile si legga anche l’articolo «Pignoramento immobiliare costi e tempi con tutte le modifiche aggiornate – Soluzioni per Salvare casa»

Per saperne di più sulla ordinanza di vendita si leggano gli articoli “Provvedimento per l’autorizzazione della vendita: art 569 cpc”, “Decreto di fissazione udienza ex art 569 cpc: tempi, procedura e possibili contestazioni alla vendita all’asta”, “Revocata aggiudicazione per difformità tra ordinanza e avviso di vendita, “Revocata ordinanza di vendita per il mancato deposito della nota di trascrizione” ed ancora “Revocata asta per violazione dell’ordinanza di vendita”.

Chi volesse approfondire l’argomento delle opposizioni esecutive legga gli articoli  “Guida all’Opposizione a precetto: termini, competenza e forma” , “Guida all’Opposizione al pignoramento immobiliare: competenza, forma e termini della fase cautelare” ,    “Opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi: costi, tempi e forme“, Opposizione ex art 615 c.p.c. ed ex art. 617 c.p.c.: Tutte le differenze”

Per approfondire la materia dei pignoramenti immobiliari e della tutela del debitore nell’ambito degli stessi si cerchi su google la parola “pignoramento immobiliare” associata a “studioassociatoborselli.it” o a “www.dirittoimmobiliare.org” per reperire innumerevoli articoli sulla materia.

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Avv. Edgardo Diomede d’Ambrosio Borselli

Iscritto “all’Albo Avvocati di Napoli”

 

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