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Rinegoziazione mutui prima casa e obbligo al consolidamento

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Rinegoziazione mutui prima casa pignorata, il diritto del debitore al rateizzo e il corrispondente obbligo della banca al consolidamento

La rinegoziazione dei mutui che abbiano ad oggetto la prima casa (pignorata), di cui all’art. 41 bis L.n. 157/2019 come successivamente modificata, è una normativa che consente, ricorrendone i presupposti, al debitore esecutato di rinegoziare (o chiedere di rinegoziare) il debito azionato con il pignoramento immobiliare.

Per conoscere i nuovi orientamenti,  finalizzati all’esito positivo della rinegoziazione, emersi nel seminario organizzato dall’Università Cattolica, grazie agli interventi dell’Avv. d’Ambrosio Borselli , del Prof Aldo Angelo Dolmetta e  dell’ex Presidente di Cassazione Antonio Didone si legga “Istanza di rinegoziazione mutuo ex art 41 bis: salvare casa dal pignoramento”

(per una più completa disamina dell’istituto si legga  l’articolo “La nuova rinegoziazione dei mutui prima casa”)

La norma è stata, negli ultimi tempi,  al centro di interpretazioni giurisprudenziali e dottrinali sia avuto riguardo al diritto in essa contenuto sia con riferimento agli effetti giuridici della rinegoziazione eventualmente richiesta.

In tal modo, all’obbligo a contrarre del creditore procedente che sarebbe tenuto, secondo alcuni (incluso chi scrive), ad accettare la rinegoziazione preposta che sia rispettosa di tutti i requisiti della norma, si contrappone un interpretazione più “morbida” dell’art. 41 bis L.n. 157/2019 a dir della quale il creditore sarebbe tenuto – semplicemente- a fornire una risposta seria e motivata alla richiesta di rinegoziazione avanzata dal debitore.

(sull’obbligo a contrarre si legga: Rinegoziazione mutuo prima casa pignorata e obbligo a contrarre del creditore” o anche  “Bnl riconosce l’obbligo a contrarre per la rinegoziazione mutui prima casa!“)

Le diverse interpretazioni dell’articolo 41 bis L.n. 157/2019 poggiano su considerazioni, di partenza, discordanti.

Da un lato chi propende per l’obbligo a contrarre ritiene esplicito il significato della norma, privilegiando un interpretazione teleologica della medesima, e valorizzando il fine ultimo del Legislatore: fronteggiare la gravissima crisi economica del consumatore tramite uno strumento eccezionale e irripetibile che, mutuando i principi del diritto fallimentare e para- fallimentare, si impone sulla minore soddisfazione del creditore procedente al fine di consentire al debitore una second chance  di riscatto sociale.

Al contrario chi ritiene configurabile al massimo un obbligo a contrattare privilegia la mancanza di strumenti direttamente coercitivi, la (presunta) inapplicabilità del rimedio di cui all’art. 2932 c.c., e la necessaria discrezionalità del creditore nella concessione del credito e il principio per cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.

Al di là della dicotomia obbligo a contrarre- obbligo a contrattare, è curioso notare come le indagini sin qui condotte non abbiano valutato pienamente la prestazione richiesta al creditore procedente cui sia indirizzata una richiesta di rinegoziazione.

L’indagine che, senza alcuna presunzione di verità, verrà condotta avrà, dunque, lo scopo di chiarire i contorni della prestazione richiesta in caso di istanza ex art. 41 bis L.n. 157/2019 e successive modifiche.

Si anticipa che non trattasi, a parere di chi scrive, di una richiesta di mutuo strettamente inteso né di concessione di nuovo credito. Non vi è del resto, nella rinegoziazione richiesta, nessun “passaggio di denaro”, nessun flusso economico che, partendo dalle casse della banca, pervenga nella disponibilità del debitore esecutato. [1]

Nel caso della rinegoziazione, richiesta dal debitore esecutato, al creditore pignorante si ritiene, dunque, che, in assenza di traditio delle somme, non possa parlarsi di richiesta di mutuo, classicamente intesa, stante la natura di contratto reale del contratto in oggetto.

La struttura contrattuale del mutuo, infatti, essendo il mutuo ex art. 1813 c.c. un contratto reale implica necessariamente la consegna delle somme di denaro che ne costituiscono l’oggetto: consegna che, nella specie, non avverrebbe [2]

In parole povere, il debitore, quando fa istanza ai sensi dell’art. 41 bis L.n. 157/2019 come successivamente modificato,  non chiede soldi al suo creditore e non chiede (né otterrebbe) un mutuo: chiede, invece, di poter restituire il denaro che già deve tramite un nuovo rateizzo, nelle forme e nei modi previsti dalla normativa precitata.

L’operazione richiesta – così ricostruita- darebbe vita ad un “mero differimento del tempo di esecuzione della prestazione dovuta” anche detto pactum de non petendo ad tempus[3].

La Banca, dunque, richiesta della rinegoziazione, non sarebbe tenuta a concedere credito al debitore richiedente quanto, piuttosto, ad accettare, e subire (per quanto si ritiene), il consolidamento di quel debito ed il suo pagamento tramite un rateizzo imposto dalla legge e sollecitato dalla garanzia del Fondo Prima Casa della Consap (agevolazione prevista dell’art. 41 bis L.n. 157/2019 come modificato dall’art. 40 quater della L.n. 69/2021).

Sgomberato, dunque, il campo dall’ingombrante richiesta di un contratto di mutuo “obbligatorio”, i cui contorni e le cui valutazioni hanno appesantito, fino ad oggi, l’interpretazione della norma, sarà ora più agevole ricostruire l’obbligo previsto dalla medesima.

Non più obbligo ad accettare una richiesta di mutuo (in quanto di mutuo non trattasi) quanto più di accettare il rateizzo delle somme dovute, come similmente accade, ordinariamente, con norme strutturali già presenti nel nostro ordinamento (si pensi alla conversione del pignoramento ex art. 495 c.p.c. o all’omologa di un piano del consumatore ex L.n. 3/2012).

Un “nuovo” obbligo di consolidamento dei debiti assolutamente già operante nel nostro ordinamento nei casi anzi indicati, e, tra l’altro, già noto alla nostra tradizione giuridica fin da tempi risalenti.

Come precisato, infatti, nell’articolo “Rinegoziazione mutui oggetto di procedura esecutiva, obblighi della banca e diritti del debitore” la legislazione economica in generale si era confrontata, tempo addietro, con una simile normativa (si legga al riguardo ALESSANDRO NIGRO “attività bancaria e vincoli a contrattare delle banche” in Il Foro Italiano Vol. 108, No. 10 OTTOBRE 1985)

L’art. 5 della Legge n. 787/1978 prevedeva, infatti, il consolidamento dei crediti a breve termine vantati da aziende di credito ed il rinvio dei pagamenti delle rate in scadenza dei prestiti a medio e lungo termine limitatamente alle imprese industriali, norma interpretata da una parte della giurisprudenza nel senso di un vero e proprio obbligo di consolidamento a carico dell’istituto di credito a fronte del relativo diritto da parte delle aziende debitrici (sempre in ALESSANDRO NIGRO “attività bancaria e vincoli a contrattare delle banche” Il Foro Italiano Vol. 108, No. 10).

Dal fermento giurisprudenziale che nacque in occasione delle prime applicazioni dell’art. 5 L.n. 787 del 1978 troviamo alcune pronunce interessanti che paiono senz’altro poter contribuire al dibattito odierno.

Così ad esempio un decreto, datato 15 ottobre 1979, con cui il Tribunale di Milano dichiarava “Va sospesa in via d’urgenza la scadenza dei termini contrattuali di rimborso dei ratei di mutuo bancario e va inibito il compimento di ogni atto di esecuzione a carico dell’impresa debitrice che invochi il diritto al beneficio di cui all’art. 5 della L.n. 787 del 5 dicembre 1978 di risanamento finanziario delle imprese”.

In particolare, la società debitrice riteneva che nei suoi confronti sussistessero le condizioni per farsi luogo al consolidamento previsto dal citato art. 5, e che l’atteggiamento — omissivo di qualsiasi istruttoria e finanche di risposta da parte della banca- contrastasse con la norma di legge e con gli interessi collettivi da questa tutelati, risolvendosi in un arbitrium merum ed in un comportamento emulativo, contrario anche ai suoi fini.

Osservava inoltre che il rifiuto della Banca a concedere la moratoria costituiva comportamento « contrario alla legge e come tale non meritorio di tutela giudiziaria». Chiedeva, pertanto, al tribunale adito di dichiarare che i creditori non avessero maturato, nei suoi confronti, « alcun titolo di credito … cosi come fatto valere con l’atto di precetto», e quindi non avevano alcun valido titolo per procedere contro essa opponente.

Il decreto, reso in via d’urgenza dal tribunale meneghino ex art. 700 c.p.c., il quale disponeva non potersi procedere in executivis, veniva impugnato dall’istituto di credito e la questione portata all’attenzione della Suprema Corte a Sezioni Unite che, con la sentenza n. n. 1002 del 1981 osservava:

“Considerati l’oggetto e le motivazioni delle domande proposte avanti al tribunale dalla Montedison e dalla S.i.f.i., è agevole rilevare che queste non chiedono al giudice di far luogo al consolidamento del credito sovrapponendo la sua volontà a quella espressa dalle parti nei vari contratti di mutuo, né di procedere a quella valutazione discrezionale che la legge affida alla Banca d’Italia. Non sembra quindi pertinente il rilievo del ricorrente secondo cui esula normalmente dalle attribuzioni del giudice il potere di modificare i rapporti giuridici. Con quelle domande, invece, le dette società assumono sostanzialmente che la sussistenza obiettiva degli elementi previsti dalla legge come condizioni del consolidamento e le finalità di ordine economico generale che a questo ha assegnato il legislatore (ad esse sacrificando anche gli interessi particolari degli istituti finanziatori) privilegiano le imprese finanziate, che siano in possesso dei requisiti previsti, al punto da renderle titolari di un diritto al consolidamento e, soprattutto e comunque, al punto da ricollegare alla presentazione della relativa istanza la cessazione della incondizionata esigibilità dei crediti dei detti istituti. E quest’ultimo effetto congelerebbe, nella specie, la pretesa esecutiva espressa dai vari atti di precetto e giustificherebbe una opposizione all’esecuzione per temporanea carenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata.

Orbene, anche se « la semplice lettura della norma, ossia la più elementare … interpretazione letterale » (per dirla con le parole del ricorrente) possa condurre ad escludere la sussistenza di un diritto soggettivo al consolidamento ed a smentire immediatamente la premessa da cui muove la domanda anzidetta, la pretesa che è più direttamente a base di essa (cioè la cessazione, in presenza di determinati fattori, dell’esigibilità incondizionata del credito da consolidare) non è liquidabile come certamente estranea all’ordine giuridico e tale da non giustificare neanche in astratto l’attività interpretativa di un giudice nell’ambito di un giudizio di merito. E quindi solo il giudice del merito — non le sezioni unite in sede di regolamento preventivo della giurisdizione — può stabilire se e quale incidenza sulla esigibilità del credito abbia, nel caso concreto, l’asserita istanza di consolidamento, in relazione alle finalità di questo ed allo stato generale della legislazione (quale evolutasi anche con la legge 3 aprile i979 n. 95).

Il presidente del tribunale, disponendo « la sospensione dei termini contrattuali di rimborso del mutuo » ed inibendo ai creditori di compiere atti di esecuzione sulla base dei precetti notificati, non ha inteso attuare il consolidamento, né sostituirsi al l’apprezzamento che in materia è demandato alla Banca d’Italia, né modificare l’assetto negoziale realizzato dalle parti con i con tratti di mutuo, ma soltanto accordare una tutela provvisoria ed urgente in una situazione caratterizzata, a suo giudizio, dalla presumibile spettanza del diritto al consolidamento del credito, dalla presumibile illegittimità della minacciata esecuzione e dalla sicura irreversibile dannosità della stessa. Egualmente chiaro è — data anche la provvisorietà e la revocabilità dei provvedi menti — che il diritto di azione esecutiva del creditore non è stato disconosciuto, ma solo temporaneamente paralizzato a causa del dubbio — ritenuto plausibile e non privo di un fumus”

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, in quella occasione, dunque confermarono che se anche l’interpretazione letterale della norma sembrasse orientata ad escludere la sussistenza di un diritto della società debitrice in senso proprio, nulla vieta al giudice di merito di valutare l’incidenza di tale diritto sull’esigibilità del credito.

Così ricostruita la materia parrebbe, altresì, giusto ridimensionare la discrezionalità del creditore, richiesto di rinegoziare il credito ex art. 41 bis L.n. 157/2019.

Premesso che il creditore non concederà un mutuo – per quanto abbondantemente affermato in precedenza-  appare assolutamente superflua  l’attività istruttoria solitamente finalizzata alla concessione di credito.

Parrebbe più in sintonia con quanto osservato che il creditore richiesto della rinegoziazione valuti la sola sostenibilità dell’accordo restitutorio – parametrando ad esempio la rata richiesta al reddito del richiedente – per verificare se questi possa essere ragionevolmente adempiuto.

Non troverebbero spazio, invece, tutte le altre valutazioni che sono richieste, solitamente, alle Banche per quanto concerne la concessione di credito e che attengono alla vigilanza prudenziale ad esse applicabile.

Semplicisticamente parlando la rinegoziazione richiesta è più simile, in effetti, ad un piano di rientro predeterminato dalla legge, un consolidamento con nuovo rateizzo che non richiede quella profonda analisi che viene invece richiesta per la concessione di nuovo credito.

Infine, non pare potersi dubitare del fatto che, in assenza di ogni risposta da parte del Creditore, il giudice eventualmente adito dal debitore, sia esso il giudice dell’esecuzione immobiliare, sia esso il giudice della tutela sommaria d’urgenza, possa “bloccare” la promozione o il proseguo dell’azione esecutiva ritenendo che la mancata risposta, o la risposta insoddisfacente, incidano sull’esigibilità e sull’azionabilità del diritto di credito.

Le società di recupero crediti, le società di cartolarizzazione e gli intermediari finanziari

La nuova veste giuridica della prestazione richiesta al creditore ci conduce ad una nuova necessaria valutazione.

Nella prima prassi dell’art. 41 bis L.n. 157/2019 più di una società veicolo ha risposto alle richieste di rinegoziazione presentategli  asserendo di non sentirsi obbligate nemmeno a fornire una risposta a tali richieste ciò in quanto tali società non sarebbero abilitate alla concessione di nuovo credito, non essendo dotate degli strumenti giuridici e tecnici per farvi fronte.

Vi è da dire che l’obiezione presentata dalle società veicolo, dalle società costituite secondo la legge sulle cartolarizzazioni, e dagli intermediari finanziari non regge. Tali società vengono espressamente previste dall’art. 41 bis L.n. 157/2019 , come ulteriormente modificato dall’art. 40 quater della L.n. 69/2021, tra le possibili creditrici di un credito oggetto di rinegoziazione.  Infatti, il comma primo dell’art 41 bis L.n. 157/2019 dispone

Al fine di fronteggiare, in via eccezionale, temporanea e  non ripetibile, i casi piu’ gravi di crisi economica dei consumatori, ove una banca, o un intermediario finanziario di cui all’articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n.  385, o una societa’ di cui all’articolo 3 della legge 30 aprile  1999,  n. 130, che sia creditore ipotecario di primo grado,  abbia  iniziato  o sia intervenuto in una  procedura  esecutiva  immobiliare  avente  adì oggetto l’abitazione principale del debitore, il  debitore,  che  sia qualificato come consumatore  ai  sensi  dell’articolo  3,  comma  1, lettera a), del codice del consumo, di cui al decreto  legislativo  6 settembre 2005, n. 206, puo’, quando ricorrono le condizioni  di  cui al comma 2, formulare richiesta di rinegoziazione del mutuo in essere ovvero richiesta di un  finanziamento,  con  surroga  nella  garanzia ipotecaria esistente, a  un  terzo  finanziatore  che  rientri  nelle citate categorie soggettive, il cui ricavato deve  essere  utilizzato per estinguere il  mutuo  in  essere.  Il  debito  rinegoziato  o  il finanziamento del terzo possono essere assistiti  dalla  garanzia  di cui al comma 4 e possono godere del beneficio dell’esdebitazione  per il debito residuo.

Il comma quinto, inoltre, senza operare alcuna differenza tra Banche, Società veicolo e intermediari finanziari chiaramente dispone che “il creditore” svolge una valutazione del merito creditizio, riferendosi, in generale, alla preannunciata classe di creditori di cui, expressis verbis, fanno parte anche le società veicolo.

Il creditore o, nei casi di cui  al  comma  3,  il  finanziatore svolge una valutazione del merito di credito nel rispetto  di  quanto previsto  nella  disciplina  di   vigilanza   prudenziale   ad   esso applicabile, all’esito della quale puo’  accettare  la  richiesta  di rinegoziazione o di finanziamento, a condizione che il suo  contenuto sia conforme alle previsioni di cui al comma 2 e previa verifica  con esito positivo del merito creditizio del debitore  ovvero,  nei  casi regolati dal comma 3, del destinatario del  finanziamento. 

Tanto altresì osservato è evidente che le società suddette siano tenute, al pari degli Istituti di Credito, ad una corretta valutazione della richiesta di rinegoziazione.

Del resto, queste società costantemente e quotidianamente propongono, accettano e lavorano migliaia di richieste di saldo e stralcio e piani di rientro onde cui sarebbe paradossale escluderle dal dettato della norma considerato che ad essere richiesta è un attività caratterizzante il loro operato.

Anzi, a ben guardare, se il Legislatore ha inserito, come ha inserito, tra i papabili Creditori anche queste società, pur conscio che tali società non concedono credito, forse aveva fin dall’inizio individuato la diversa prestazione cui tali creditori sono tenuti: concedere tempo a fronte di un nuovo rateizzo predeterminato dalla legge.

Avv. Daniele Giordano

(collaboratore dello Studio d’Ambrosio Borselli per la sede di Napoli)

Per approfondire l’argomento della rinegoziazione di mutui ipotecari per l’acquisto di beni immobili destinati a prima casa e oggetto di procedure esecutive, esplicitamente volte a fronteggiare in via eccezionale, temporanea e non ripetibile i più gravi casi di crisi economica dei consumatori si legga  l’articolo “La nuova rinegoziazione dei mutui prima casa”

(Per approfondire il caso della sospensione di una procedura esecutiva, a ridosso dell’asta, a seguito dell’accoglimento di opposizione ex art 617 cpc, conseguente al rigetto di una istanza di rinegoziazione, da parte del presidente della sezione esecuzioni del Tribunale di Milano si legga “Rinegoziazione: accolto ricorso ex art 617 cpc, revocata l’asta”)

Chi fosse interessato al nuovo  fondo Salva casa ( approvato, negli stessi giorni dell’art. 41 bis, dal  comma 445 dell’art. 1 della legge di stabilità 2020 [l.160/2019] che modifica la legge sulle cartolarizzazioni, [la L. 130 del 1999])  finalmente approvato e che promette ed indica una direzione nuova (e più attenta alla posizione dei debitori esecutati) del nostro legislatore nella gestione dei crediti in sofferenza e delle relative esecuzioni immobiliari legga “Il nuovo fondo Salvacasa! Articolo 7.1 della l. 130/1999 modificato dall’art. 1 comma 445 della l.160/2019: Testo e commento”

Per maggiori informazioni sulla procedura per porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento si legga “Omologato piano del consumatore in corso di pignoramento immobiliare”

Per conoscere tutte le modifiche introdotte dalla L.n. 176 del 2020 alla L.n. 3 del 2012 si legga “Approvato il nuovo sovraindebitamento

In generale sul Sovraindebitamento si leggano pure  Sovraindebitamento: tempi e costi delle tre procedure” o anche Guida al Sovraindebitamento: Il Piano del Consumatore, l’Accordo con i Creditori e la Liquidazione del Patrimonio, differenze tra le tre procedure”, mentre sulle possibilità offerte da questa di bloccare o sospendere i pignoramenti immobiliari in corso si legga   “Il piano del consumatore per bloccare il pignoramento immobiliare e salvare casa” ed anche La sospensione dell’esecuzione con l’introduzione della procedura da sovraindebitamento ex L. 3/2012

Chi stesse valutando di presentare una proposta a saldo e stralcio per definire il proprio debito derivante da un mutuo, che sia già in corso il pignoramento immobiliare, o che ancora la banca non abbia avviato la procedura, legga Guida al saldo e stralcio del mutuo: quanto offrire e come rateizzare l’importo, con modelli di proposta e accettazione”

Chi abbia una prima casa pignorata o potenzialmente pignorabile e voglia approfondire caratteristiche e particolari tutele di cui gode la prima casa rispetto agli altri immobili legga  “Guida alle caratteristiche e tutele del Pignoramento immobiliare della prima casa”

Se si ha già in corso un pignoramento immobiliare ma l’immobile non è ancora stato messo all’asta e, per difendersi o giungere ad una buona proposta a saldo e stralcio, si voglia approfondire tutto quanto c’è da sapere sul decreto di fissazione udienza ex art 569 cpc nonchè sui tempi per arrivare all’ordinanza di vendita e sui possibili controlli o contestazioni per impedire l’emissione dell’ordinanza stessa, compreso un comodo modello schema dei controlli da effettuare per verificare la regolarità di tutta la procedura fino all’udienza di comparizione delle parti, si legga “Decreto di fissazione udienza ex art 569 cpc: tempi, procedura e possibili contestazioni alla vendita all’asta”

Per saperne di più sul pignoramento immobiliare in generale e sulle possibili opzioni a disposizione dei debitori in difficoltà per salvare il proprio immobile si legga anche l’articolo  Pignoramento immobiliare costi e tempi con tutte le modifiche aggiornate al 2020- Soluzioni per Salvare casa”

Chi volesse approfondire il tema dell’aggiudicazione dell’immobile pignorato da parte del parente, di quali rischi si corrono in tal caso e delle alternative possibili legga Guida all’acquisto all’asta del parente: rischi e alternative”

Ad ogni modo se avete subito un pignoramento immobiliare (o a maggior ragione se siete in procinto di subirne uno) e volete sapere come difendervi, tutelarvi, evitare di perdere casa, rafforzando la vostra posizione nei confronti di un creditore che oggi sembra non voler sentir ragioni, ma che domani o dopodomani, quando i tempi e i costi a cui l’avrete costretto si saranno dilatati a dismisura, comincerà finalmente a ragionare e parlare la vostra lingua e quindi a trattare con voi su basi accettabili, se anche soltanto volesse rimanere anni in più ad abitare la vostra casa perchè non avreste dove altro andare, o soltanto volete e pretendete che chi vi voglia prendere la casa frutto di tanti sacrifici, debba essere costretto a farlo rispettando la procedura prevista dalla legge (cosa che ovviamente non avviene se non in maniera molto sommaria, laddove uno non si difenda) e quindi tutti i tempi (e i relativi costi), contattateci per un primo preventivo gratuito che vi illustrerà i possibili benefici di una eventuale assistenza difensiva (per il contenzioso immobiliare siamo domiciliati in tutti i Tribunali italiani), oltre ai costi e alle possibili rateizzazioni per questo tipo di procedure.

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Avv. Edgardo Diomede d’Ambrosio Borselli

Iscritto “all’Albo Avvocati di Napoli”

[1] Si badi bene diversa è l’opzione, pure prevista dall’art. 41 bis, del rifinanziamento ove, effettivamente, vi è concessione di nuovo credito da parte di una Banca terza e vi dovrebbe essere, pertanto, una traditio, seppur tra sole banche.

[2] La struttura contrattuale del mutuo implica la consegna delle somme di denaro che ne costituiscono oggetto. E, per quanto possa essere realizzata anche a mezzo di forme assai rarefatte, comunque la traditio deve – per essere tale – realizzare il passaggio delle somme dal mutuante al mutuatario: farle muovere, farle transitare dal patrimonio dell’uno al patrimonio dell’altro, cioè. Così comportando, in particolare, un conseguente trasferimento della proprietà delle somme (art. 1814 cod. civ.), con la connessa, acquisita loro disponibilità ex art. 832 cod. civ. da parte del mutuatario”. Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 1517 del 25/1/2021

[3] “L’operazione di “ripianamento” di debito a mezzo di nuovo “credito”, che la banca già creditrice realizzi mediante accredito della somma su un conto corrente gravato di debito a carico del cliente, non integra gli estremi del contratto di mutuo, bensì quelli di una semplice modifica accessoria dell’obbligazione, come conseguente alla conclusione di un pactum de non petendo ad tempus”

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